Diamanti Grezzi – Uncut Gems, Recensione del film con Adam Sandler

Diamanti Grezzi è già on-line su Netflix.

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Ci voleva lo streaming, per portare una perla, anzi un diamante, come Uncut Gems. Diamanti Grezzi, questo il titolo del secondo film firmato Fratelli Safdie. Un film che si è portato dietro vibranti proteste per l’esclusione di Adam Sandler tra i nominati agli Oscar 2020. E che, ancor prima della menzionata esclusione, tutti acclamavano a gran voce. 

Tanto la nomination, quanto la vittoria, al punto che uno come Daniel Day-Lewis si è congratulato con lo stesso Sandler per questa interpretazione. Un attore che, ad oggi, segnerà forse un paio di buone prove attoriali. Non che la sua filmografia lo aiuti, ma questo è un altro discorso. 

Riponendo ogni forma di polemica circa la distribuzione da sala e mancate nomination, Diamanti Grezzi è l’ennesima conferma che ciò che tocca la A24 diventa sostanzialmente oro. Che sia l’oro dell’Oscar o semplicemente un ottimo film, come in questo caso specifico, che vede anche il nome di Martin Scorsese tra i produttori. 

Howard è un gioielliere dalla dubbia moralità. Scommettitore incallito, braccato dai debitori, bugiardo patologico. Vive nella ricchezza classica del classico ebreo newyorkese e probabilmente in cuor suo è convinto di riuscire a farcela. Sempre. Anche nel caos. Perché in fin dei conti, nel caos è più facile fuggire, nascondersi. Trovare un sotterfugio che riesca a salvare la situazione, magari creandone un’altra più complessa, ma che comunque appiana il problema dell’hic et nunc. Al dopo ci si pensa poi.

Vive alla giornata, ha una famiglia, un’amante non proprio fedele ed una pietra. Una pietra nata dal sangue di un operaio etiope, sulla quale la macchina da presa indugia entrando dentro i suoi colori luminescenti. Sempre più in profondità per poi ritrovarsi nel colon di Howard, durante una colonscopia di routine. Una sequenza che è un piacere per gli occhi che viene brutalmente interrotta in maniera quasi paradossale. Al punto da strappare una risata soffocata. Perché in fin dei conti, la vita di Howard è paradossale.

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Ci si chiede come sia possibile che riesca sempre a scamparla, nonostante tutto. Anche quando viene incalzato da Kevin Garnett, cestista dei Boston Celtics, convinto che quella pietra preziosa gli doni l’energia di cui ha bisogno. Da qui partiranno una serie di equivoci che farebbero crollare chiunque. Ma non Howard.

Uncut Gems - Diamanti Grezzi
Uncut Gems – Diamanti Grezzi

I Safdie lo seguono, in mezzo al caos urbano di una frenetica New York, quanto mai scorsesiana nella sua potenza di alienazione dell’individuo. Una New York fatta di ricchi mai sazi di denaro, dove non esiste rapporto al di fuori di quello meramente economico. Amici per i soldi, moglie per i soldi, amante per i soldi. E più se ne hanno, più se ne vogliono.

Il triste volto di un comico, con una protesi che rende il suo sorriso a dir poco ebete, trova pieno compimento nei campi lunghi che permettono a Sandler di essere inglobato da questo caos senza fine. Come il caos che ha generato il mondo, quel caos che si trova nell’opale, dentro al quale puoi vedere l’universo, privo dell’ordine naturale delle cose.

Regole limitate che i Safdie si limitano a mettere in scena, senza seguire un copione classico drammatico ma contaminando le vicende che susseguono la vita di Howie con l’elemento grottesco, nel senso lato del termine. Situazioni esasperate, a tratti surreali, come ogni volta che Howie incontra il cognato colluso con la mafia italo-americana. E alla quale deve parecchi soldi.

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Momenti che potrebbero quasi stonare con il dramma umano che caratterizza la maschera-Sandler. Ma che diventano perfettamente diegetici se inseriti nel contesto del grottesco, appunto, della discussione di un intero sistema sociale fatto di arricchiti e sotterfugi di ogni forma e genere. Coadiuvati da Darius Khondji alla fotografia, recentemente apprezzato in Too Old To Die Young di Refn, i fratelli Safdie riescono a creare un film che unisce razionalità ed astrazione, il cinema di Scorsese e quello di Paul Thomas Anderson.

La regia è perfetta nel mostrare la caotica ed alienante New York, la sceneggiatura è perfetta nel raccontare questo progressivo e grottesco delirio, dove anche la sacralità pagana viene posta al centro della discussione con un fare quasi comico, incarnato proprio nello scaramantico Garnett. Un costante gioco di microcosmi che si incontrano e si scontrano inevitabilmente, sempre con il sorriso di Sandler stampato sul volto, nonostante l’effetto domino è sempre in procinto di schiacciarlo. 

Diceva Newton che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Ebbene, Diamanti Grezzi prende in prestito il cinema delle due coste statunitensi per raccontarci la storia di un mondo, il nostro, dove l’unica cosa che rispetta un ordine è il caos. Che in fin dei conti, come ci dice Saramago, è solamente ordine che dev’essere ancora decifrato. 

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