Siamo a Los Angeles, nel 1905. Una famiglia cinese che gestisce una lavanderia ha una bambina, Liu-Tsong Wong, in quello che è un vero e proprio inferno di pregiudizi per chi ha gli occhi a mandorla. E se vuoi fare l’attrice, forse è meglio cambiare nome, magari in Anna May Wong. È questo quello che bisogna fare per diventare la prima star hollywoodiana di origini sino-americane. Oltre che a scendere a compromessi di ogni sorta dal momento che la società statunitense ha forti problemi di razzismo.
Circa vent’anni prima infatti, nel 1882, lo Stato della California promulgò il Chinese Exclusion Act, una legge che imponeva seri paletti alle donne che volessero entrare negli Stati Uniti. Il perché è presto detto. Pochi anni prima ci fu una vera e propria esclusione per le donne che volessero entrare negli Stati Uniti “per fare le prostitute“. Vien da sé quindi che per moltissimo tempo, l’equazione del pregiudizio vedeva la donna cinese uguale ad una prostituta.
Inutile sottolineare come quel periodo fosse abbastanza difficile per l’emancipazione della donna. Ancor di più per quelle con evidenti origini orientali, visto il pregiudizio che le vedeva quasi sicuramente prostitute. E, più in generale, era ricorrente il luogo comune per cui i cinesi sono meno civilizzati degli americani. Storie a cui siamo abituati anche oggi, per certi aspetti.
La comunità cinese di Los Angeles è a dir poco chiusa, pochissime le donne che si fanno vedere in giro liberamente. Troppi gli abusi, troppe le violenze. Ma Anna May Wong non si arrende. Passa il tempo e Anna cresce, riuscendo ad ottenere il suo primo ruolo a soli sedici anni. Contro tutto e tutti, anche la famiglia. Questo perché suo padre la obbligava a rispettare le tradizioni cinesi, quelle del paese in cui non era nata. Lei voleva fare l’attrice ed era disposta a tutto.
Il problema si trovava interamente in quel tipo di showbiz che, di fatto, non la voleva. O meglio, la accoglieva solo in funzione di quei ruoli stereotipati per tutte le minoranze etniche che caratterizzavano la società americana. Nel cinema muto, recita anche con Tod Browning, regista del capolavoro Freaks!. Nel 1920, Il Fuorilegge, in cui interpreta una ragazza cinese non accreditata. Poi Rose Li per qualche minuti in Drifting, tre anni dopo.
L’anno della svolta è il 1924, quando Anna May Wong riesce ad ottenere una parte importante in Il Ladro di Baghdad. Aveva soli sedici anni e da lì iniziò una vera e propria scalata verso il successo e contro il pregiudizio. Fino al suo primo film sonoro, The Flame Of Love, in cui recitò in ben tre lingue: inglese, francese e tedesco, destreggiandosi alla perfezione. Gli occhi sono puntati su di lei ma non a sufficienza rispetto a quanto meriterebbe realmente.
In Europa la situazione non cambia. Pur recitando accanto ad un vero e proprio mostro sacro come Marlene Dietrich, Anna May Wong resta sempre sullo sfondo. Al punto che le venne rifiutato un importante ruolo per La Buona Terra, film che fece vincere l’Oscar a Luise Rainer. Quegli occhi a mandorla pesano troppo e non basta certo la fama a darle quanto le spetti. Infatti, la differenza di cachet era ancora notevole rispetto alle altre star.
Tuttavia, Anna May Wong non si diede per vita e continuò a recitare, scritturata dalla Paramount. Dopo la seconda guerra mondiale diventa la star indiscussa nonché protagonista di una serie televisiva, The Gallery Of Madame Liu-Tsong, in cui interpreta una detective. Ironico il fatto che il titolo contenga il suo vero nome. Passeranno quarant’anni prima che la critica la rivaluti, dando ad Anna ciò che è di Anna.
A soli 55 anni, Anna May Wong morì a causa di un arresto cardiaco. E per quarant’anni, rimase chiusa nel grande calderone del dimenticatoio. Finché all’inizio del nuovo millennio, ci fu una vera e propria riabilitazione, culminata forse con la dedica di Google con questo doodle che ripercorre la sua carriera. Una tardiva consacrazione che ha riconosciuto la sua carriera, nata e sviluppatasi tra mille difficoltà, solamente quarant’anni dopo la sua morte. E che ancora oggi meriterebbe qualcosa di più.
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