Federico Fellini nacque a Rimini il 20 Gennaio 1920. Daniel Pennac è nato invece a Casablanca, il 1 Dicembre 1944. Due storie che sembrano lontano nel tempo quanto nello spazio e che sembrano non aver alcun punto in comune. Magari una passione spassionata per il disegno e la vignettatura o la scelta di raccontare, coi propri mezzi, di un’umanità strana, colorata, a volte ai limiti del quadro, spesso che tende all’universo circense e girovago.
Eppure, il 16 Gennaio, è arrivato in libreria grazie a Feltrinelli Editore l’ultimo libro di Daniel Pennac, La Legge del Sognatore, che di colpo ha reso palese e concreto un trait d’union tra i due artisti.
Perché La Legge del Sognatore è un non-romanzo che nel raccontare una storia ha, in definitiva, lo scopo di omaggiare il cinema di Federico Fellini: non solo a livello di film, ma proprio come modus operandi di un artista che ha scelto di raccontare le sue storie in un dato modo, ricorrendo a determinati stilemi artistici e narrativi. Un’uscita libresca che appare quanto mai adatta, dal momento che il 20 Gennaio ricorre proprio il centenario della nascita del grande regista, un evento che viene celebrato con una mostra, coi film del regista di Rimini che tornano al cinema e con una programmazione televisiva a lui dedicata.
La legge del sognatore: di cosa parla?
È sempre difficile parlare di un romanzo/sogno come è La Legge del Sognatore, soprattutto quando si tratta di rispondere alla domanda: ma di che parla?
Non è utile addentrarsi nella trama o nello svolgimento di questo libro, perché si correrebbe il rischio di rovinare l’esperienza di lettura, perché La Legge del Sognatore è, soprattutto, un’esperienza da vivere con l’ignara fiducia di un bambino che si getta in un’avventura guidato da un amico più coraggioso.
Ma a voler dare qualche indicazione per non smarrirsi in questo mondo di circa 150 pagine dipinto da Pennac, potremmo dire che La Legge del Sognatore parla di quello che è facilmente intuibile dal titolo stesso: i sogni.
Tutto parte da un sogno e in questo modo Daniel Pennac si diverte a prendere per mano i suoi lettori, senza alcun intento educativo o di intellettuale snoberia, trasportandoli in un mondo dove tutte le indicazioni potrebbero in qualche modo avere a che fare con una certa inaffidabilità del narratore.
Un libro di Daniel Pennac su Federico Fellini
Ma, più di ogni cosa, La Legge del Sognatore è un omaggio apertissimo a Federico Fellini e, insieme, una lettera d’amore al regista che Pennac andava a vedere al cinema insieme a sua madre, che le ricordava Giulietta Masina per costituzione, ma anche per la capacità di accettare la natura farfallona di certi uomini.
D’altra parte che il romanzo sia intrecciato all’ars poetica e visiva di Fellini è lo stesso Pennac a dircelo, in un passaggio del romanzo che non potrebbe essere più cristallino di com’è:
“Scrivo un romanzo”.
“Su cosa?”
“Sul sogno, credo. O su Fellini, per meglio dire. Fellini, il sogno, io, la mia tribù…”
Daniel Pennac, infatti, omaggia Federico Fellini proprio nella struttura con cui decide di scrivere il suo nuovo romanzo. Fellini, infatti, si è affermato come regista del sogno, un cineasta in grado di raccontare i lati più autobiografici della propria esistenza miscelandosi sì alla consapevolezza del fallimento dell’esperienza umana e artistica, ma soprattutto ai toni e alle scelte figurative e allegoriche legate al mondo dei sogni.
Soprattutto nella seconda parte della sua carriera, Fellini ha raccontato il suo mondo di personaggi traendoli direttamente dai suoi sogni, da quegli schizzi che si appuntava ogni volta che abbandonava il sonno in favore della veglia. E, soprattutto, anche nel rievocare il suo passato con la nostalgia di un uomo che non è più il ragazzino partito da Rimini, Fellini non evitava mai di ricorrere a invenzioni estetiche e narrative che appartenevano alla sfera dell’onirico, dove la finzione e la realtà erano spesso così intrecciate l’una all’altra che allo spettatore non sempre era dato sapere dove finiva la verità e iniziava l’inganno.
E Daniel Pennac utilizza uno stratagemma simile: pur raccontando di aver sempre “minacciato” i suoi studenti di non percorrere il facile sentiero del sogno come espediente narrativo, ne La Legge del Sognatore il sogno è una parte fondamentale, non solo nel dispiegarsi della vicenda narrata, ma anche nella creazione stessa del libro. Il sogno diventa allora il motore alla base, l’esplosione del Big Bang della creatività di Pennac. Una scelta che si avverte ad ogni pagina sfogliata, ad ogni evento raccontato, ad ogni riflessione che Pennac regala ai suoi lettori.
Una lettura a occhi aperti
Eppure, sebbene sia il sogno – e insieme il cinema di Fellini che è sogno in egual misura – a essere al centro de La Legge del Sognatore, Daniel Pennac realizza comunque un libro lucidissimo, pensato fino all’ultimo dettaglio, in cui la natura fuligginosa della dimensione onirica si sposa con una paradossale accortezza alla razionalità necessaria a creare una storia che procede per livelli, come una Matrioska che ha bisogno di essere aperta e smontata per vedere quale sia il cuore pulsante.
Inoltre lo scrittore non rinuncia a quell’ironia graffiante che accompagna la maggior parte dei suoi lavori e che si era palesata poi al grande pubblico soprattutto con Il Ciclo dei Malaussene e del povero Benjamin scelto come capro espiatorio di una società distratta e brutale, scanzonata e cattivissima.
Ne La Legge del Sognatore l’ironia diventa uno strumento nelle mani dello scrittore ormai parigino: diventa uno specchietto per le allodole, ma anche una strizzata d’occhio e, insieme, una promessa riguardo un viaggio fatto di ricordi e di inganni, in cui allo spettatore piacerà senz’altro perdersi.
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