Come tutti ormai saprete, le frasi pronunciate da Amadeus in conferenza stampa, in presentazione del Festival di Sanremo 2020, hanno avuto una certa eco. L’introduzione di Francesca Sofia Novello, affidata, come quella di quasi tutte le altre ospiti donne, alla definizione di “bellissima”, è sintomatica di tutto un modo di pensare che, nel 2020, non ha più ragione d’essere.
L’idea che una donna venga chiamata a co-condurre, partecipare o anche solo a presenziare ad un evento di portata nazionale, prima e soprattutto in quanto “bella”, non è più accettabile. Il problema non sta tanto nella reiterazione dell’estetica televisiva Berlusconiana, che si è affermata appunto imponendo “il bello” sul contenuto. Il problema sta nel fatto che appunto il concetto di “bellezza”, nello specifico bellezza femminile, venga ancora per primo “nel curriculum” di ogni possibile qualifica professionale per una donna.
Anche se involontariamente, Amadeus ha lasciato trasparire la vera intenzione dietro alla forte presenza femminile al Festival: fare del “progressismo”, chiamando un gran numero di donne che però, come subito emerge, si trovano lì in gran parte grazie alla loro “bellezza”, e non in virtù di qualità particolari. Le uniche a non venire prontamente definite bellissime, Antonella Clerici e Rula Jebreal, sono guarda caso le sole donne ospiti che possono effettivamente vantare una certa preparazione e competenza, rispetto a ciò che vengono chiamate a fare.
Il che non significa, certo, che le altre non sappiano fare nulla, o che non abbiano capacità particolari: solo, c’entrano davvero con Sanremo? Che quindi Amadeus, come direttore artistico, abbia voluto giocare sui numeri e sulla presenza, basandosi nelle sua scelte su concetti come “bellissima”, gioca a sfavore dell’impostazione “femminista” (o pro-femminile, diciamo) precedentemente annunciata per il Festival.
Non è tutta colpa sua, si potrebbe d’altra parte dire. Questo di Sanremo è solo l’ultimo di una serie di crepacci generazionali che vanno sempre più aprendosi. Crepacci che distinguono tra modo di pensare “da vecchi” e modo di pensare “da giovani”. Del resto lo dicono anche gli Ex-Otago, concorrenti a Sanremo nel 2019: “Gli anziani cosa ci hanno lasciato? La Salerno-Reggio Calabria, gli Esselunga, e Miss Italia”. Siamo certo consapevoli che la questione non può essere così semplice.
Ovvio che non si possa affermare che tutto quello che è “vecchio” è male, e che tutto quello che è “nuovo” è bene. Ciò non di meno, non arriva neppure troppo fuori tempo la presa di posizione di Myss Keta. La cantante parla certo con cognizione di causa e da interessata, in quanto conduttrice del dopo-Festival di quest’anno. E avvisa Amadeus: “Dopo questa siamo [noi donne] vicine alla conduzione [del Festival]”.
Per quanto infatti ci si stia avvicinando continuamente verso la parità di genere in un numero crescente di contesti, Sanremo seguita a restare “roccaforte” maschile. Passata l’epoca di Pippo Baudo e Mike Bongiorno, tutti i direttori artistici (e quindi responsabili dell’impostazione e dell’organizzazione di ogni edizione) sono sempre stati uomini. Il Festival, c’è da dire, è stato presentato per cinque volte da una donna: da Maria Giovanna Elmi, nel 1978; poi da Loretta Goggi, nel 1986; in seguito da Raffaella Carrà nel 2001; quindi da Simona Ventura nel 2004; e da Antonella Clerici, come ricorderete, nel 2010.
Certo, facendo due conti, si capisce subito che cinque contro settanta è ben poco. Che la “presenza” femminile al Festival di Sanremo venga rinforzata non solo (o meglio, non esclusivamente) in termini di numeri. Ma anche affidando a più donne la direzione artistica e la gestione dell’evento: questa è cosa da auspicarsi.
Ma, meglio ancora, sarebbe straordinario affidare finalmente ad una donna non la presentazione o l’immagine del Festival, ma la sua stessa preparazione. Certo, pensare ad un Sanremo organizzato da Myss Keta è forse spingerci troppo oltre (purtroppo), ma chissà … una Maria Di Donna (Meg), o una Antonella Ruggiero; oppure una Cristina Donà , o forse Carla Bissi (Alice). Che la Rai possa magari prendere in considerazione uno di questi nomi, per affidare Sanremo ad una donna che non sia “solo” bella, ma che sia una persona con capacità , talento, inventiva, intelligenza. Ce lo auguriamo.