Fino a qualche anno fa, e certo fino agli anni ’10, il termine pop equivaleva, in ambiente musicofilo, piĂ¹ o meno ad un epiteto. Sinonimo di musica commerciale, creata a soli fini di vendita, dipendente da cura dell’immagine e da hit create ad hoc da team di autori. Questo non è cambiato, ma nell’epoca dei social non stupisce che i cantanti (e soprattutto le cantanti pop) abbiano iniziato, in virtĂ¹ del proprio sapiente apparire, ad esercitare sul pubblico un ascendente sempre piĂ¹ considerevole.
Una responsabilitĂ che perĂ², inaspettatamente, ha comportato prese di posizioni artistica sempre piĂ¹ forti; che, pur non allontanandosi dalla mira primaria del genere (i soldi) lo hanno aperto a cambiamenti ed evoluzioni insospettabili.
Altre cantanti, come Sia Furler o Ariana Grande, hanno mostrato la medesima volontĂ di crescita, mentre in parallelo la nascita di figure piĂ¹ alternative ancora ha dato vita al cosiddetto “dark pop”, versione anti-commerciale di una musica commerciale che farebbe venire i capelli bianchi a Britney Spears. Si parla ovviamente di Lana Del Rey, Grimes, St. Vincent, e naturalmente di Billie Eilish.
Sullo sfondo dell’ondata #MeToo, queste cantanti hanno abbracciato i nuovi stigmi del girl power rifiutando di vivere le loro carriere da “popstar” in maniera passiva e acritica (come la succitata Britney), e proponendosi anzi di infondere tutto l’impegno possibile in una musica che possa essere pop e arte al tempo stesso. Un po’ quell’art pop teorizzato da Lady Gaga a inizio anni ’10, e poi proseguito in termini volutamente esasperati (ed esasperanti) da Taylor Swift, Miley Cyrus, Dua Lipa.
Una musica, in tutte le sue moderne sfaccettature, industriale e consapevole di esserlo: ma proprio per ciĂ² sempre auto-critica e, quando possibile, persino intelligente. Certo, raramente si è giunti ai livelli di una Björk, per esempio. Ma il pop moderno non è certo piĂ¹ quella scatola vuota di suoni carini e intrattenimento che è stato dagli anni ’80 agli anni ’00.
6. Dubstep, Trap, K-Pop
Il genere dubstep, di grande successo specialmente a inizio anni ’10, è quel tipo di elettronica nella quale ci si imbatte non appena ci si affaccia alle tendenze di maggior popolaritĂ in questo territorio musicale e in questo periodo. Spesso il termine è stato usato impropriamente, per indicare qualunque produzione che facesse uso di determinati meccanismi come il drop. Il nome piĂ¹ noto collegato a questo genere (o almeno, alla sua versione piĂ¹ popolare) è stato certamente Skrillex, vero e proprio “poster boy” di tutta questa musica.
Mentre elementi di questo suono sono penetrati nelle produzioni pop arrivando ad un pubblico sempre piĂ¹ ampio, autori fondamentali per il genere, come Burial, sono stati paradossalmente sempre piĂ¹ ignorati. CiĂ² in favore di una concezione appunto semplicistica del dubstep, che ha anche fatto sì che la popolaritĂ di tale musica scemasse, tempo la metĂ degli anni ’10.
Per quanto riguarda la tanto discussa trap, abbiamo parlato con attenzione di questo influente genere in questo articolo. In generale, si è trattato molto piĂ¹ spesso di un’etichetta che di un sottogenere del rap vero e proprio; etichetta applicata a stilemi quali l’auto-tune e l’utilizzo intensivo della tastiera Roland TR-808. In questo senso, la definizione è tornata utile alla popolaritĂ di un ampio numero di artisti, da Travis Scott ai Migos, e da Cardi B a Post Malone.
Liminarmente, il genere si è fuso (e viene spesso confuso) con altre inclinazioni del rap contemporaneo, come il cosiddetto “mumble rap”, dalle tendenze emo/lo-fi come quelle della musica di XXXTentacion, Lil Peep e Juice Wrld. Collegamento improprio dato che questi artisti, lungi dall’affidarsi solo all’808, hanno sperimentato anche con altri generi come metal, elettronica e neo-soul.
La popolaritĂ della musica coreana, sempre prominente a fianco di quella giapponese nelle ultime decadi, è decollata notevolmente negli anni ’10. Diverse boy band e girl band coreane, prodotte da un’industria mirante a questo preciso scopo, hanno invaso le charts occidentali adottando l’estetica dei gruppi pop anni ’90/’00 associata a sonoritĂ EDM e rap moderne. Gli artisti di questa industria sono stati preparati con lunghi anni di allenamento, al fine di diventare perfette popstar.
Gruppi come i BTS o le Blackpink, spinti da media occidentali come Billboard, hanno ottenuto un enorme successo, raccogliendo un ampio seguito di fan e proponendo un pop disimpegnato e ingenuo. Qui si puĂ² ben vedere la differenza con il pop piĂ¹ emancipato raggiunto nel frattempo nei nostri paesi. L’arretratezza di pensiero e di stile è evidente, e non manca di risvolti tragici: diversi artisti k-pop, pressati dalla freddezza dell’industria e sconvolti dall’effimeritĂ del successo tanto agognato, si sono tolti la vita. Tra questi Jonghyun, Sulli e Goo Hara.