Parachutes: quando i Coldplay erano ancora… i Coldplay
Già con il loro primo album, Parachutes, i Coldplay emergono da subito come la realtà più forte e significativa di quel sottogenere detto, attorno al 2000, post-britpop. L’appellativo post- ha a che vedere con la fine dei fasti del britpop vero e proprio, fine che si può datare più o meno al 1997, allorché i due principali gruppi del genere si perdono in direzioni diverse.
Gli Oasis pubblicano infatti il discusso e iper-prodotto Be Here Now, da molti critici non apprezzato; i Blur, invece, lasciano musicalmente la terra inglese per approdare al rock indie e lo-fi americano. Sempre nel 1997, poi, i Radiohead pubblicano OK Computer, un disco del tutto avulso dai canoni della scena inglese, che segnala l’urgenza di un rinnovamento.
E il rinnovamento arriva, però in soluzione di continuità. Diverse band, come i Verve, i Travis e i Doves, cercano di riprendere la lezione del britpop, ibridandolo però con diversi motivi del rock oltre-oceano e influenze varie. I Coldplay, in questo contesto, associano ad una tale tendenza un songwriting attento ed emotivo.
Molto poetico ma anche coinvolgente nella reiterazione delle strutture alternative anni ’90 (per esempio: strofa pulita/ritornello distorto). Quello che fin da subito Chris Martin e colleghi fanno è proporre un rock semplice ma intenso, per tutti, fatto di chitarre ma non di riff, più attento al contenuto che alla forma.
Le canzoni dei Coldplay sono immediati successi da radio: Yellow, Shiver, Don’t Panic, Trouble e gli altri pezzi dell’album fungono da prodotti musicali perfetti. La band si pone, musicalmente, proprio a metà strada tra la rabbia ormai consumata degli anni ’90, e la volontà di riscoperta delle radici rock che caratterizzerà, di lì a poco, i primi anni ’00.
Ciò che però distingue i quattro dagli altri gruppi del periodo, oltre allo stile caratteristico (nel quale molti notano tracce dei Radiohead), è l’attitudine. I Coldplay sono umili, semplici, diretti. La loro musica rock non è artificio, non è sofisticazione, non è avventura. Funziona proprio per questo, e il pubblico reagisce di conseguenza.
Passati tre anni da quella fine, annunciata o meno, del britpop come forma musicale dominante del rock inglese anni ’90, i Coldplay riescono allora, con Parachutes, a mettere un punto e a capo. Naturalmente, è solo l’inizio: arriverà poi A Rush of Blood to the Head, uno dei migliori album degli anni ’00, a confermare la statura e le ambizioni della band.
Successivamente, passata la fase intermedia di X&Y (2005), come sappiamo, i Coldplay si daranno a quello che oggi chiamiamo indie pop. Le chitarre saranno sempre più scartate in favore di synth e cori da stadio, elementi che prenderanno il posto del rock prudente e “onesto” che si può ascoltare in questo primo album. Fatto particolarmente pesante da sopportare, come è comprensibile, per chi con canzoni come Yellow ci è cresciuto.