5) “Alt! Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!”
La famosissima scena della dogana, in cui l’ufficiale richiede numerose volte il pagamento di “un fiorino!” ai due protagonisti, è ricordata come una delle più divertenti del cinema. Questo spezzone è stato girato numerose volte perché tutti non riuscivano a rimanere seri e ridevano come pazzi. Per questo, alla fine, fu tenuta buona una scena dove i due attori, soprattutto Benigni, ridono a crepapelle.
6) Anacronismi storici
Nel corso del film si possono riscontrare numerosi errori storici. Per esempio, nella scena della locanda, quando entra Astriaha (Iris Peynado), lei si rivolge ai due in spagnolo. Il problema è che usa una forma tipica solo dei sudamericani. Lei infatti dice “Ustedes son espanoles?” che tradotto letteralmente significa “Loro sono spagnoli?” perché in Sudamerica si usa il “loro” invece che il “voi” per le forme plurali. Ma la ragazza doveva essere spagnola perché i due protagonisti erano in Spagna e perché all’epoca in Sudamerica sicuramente non si parlava spagnolo visto che gli europei non erano ancora arrivati.
Un altro errore si trova nella scena finale del treno in cui si vedono chiaramente piante di eucaliptus ed un intero campo di mais. Il primo è una pianta proveniente dall’Australia ed il secondo dalle Americhe, dove Colombo si stava in quel momento dirigendo. Entrambe quindi non potevano essere presenti in Spagna nel 1492.
Un’ulteriore inesattezza storica si può riscontrare nella seconda scena dentro una locanda. Mario (Troisi) e Saverio (Benigni) parlano con una soldatessa spagnola di guardia al confine. Benigni confessa “Signorina, noi siamo ITALIANI…” ma nel 1492 l’Italia non esisteva nemmeno! L’aggettivo italiano non poteva avere alcun senso per le persone dell’epoca.
Infine Leonardo Da Vinci, interpretato da Paolo Bonacelli, nel film viene rappresentato secondo l’iconografia classica. Infatti è ritratto come un signore anziano con capelli e barba bianca. Ma nel 1492 aveva solo quaranta anni!
7) La famosa scena della lettera
La scena in cui i due comici scrivono una lettera a Savonarola per liberare il loro amico Vitellozzo è un capolavoro di improvvisazione. È inoltre un chiaro omaggio alla scena cult del film Totò, Peppino e la malafemmina (1956) in cui Totò e De Filippo scrivono una sconclusionata e divertentissima lettera alla fidanzata del nipote.
Oltre a ciò, in questa scena, sono presenti due errori. Il primo è quando Benigni (Saverio) stacca una penna da un pollo per usarla come penna da scrivere. È però tutta spelacchiata nella parte superiore. Quando l’inquadratura cambia, la penna è perfettamente sana e soprattutto è diventata una normale penna ad inchiostro! Il secondo invece è di tipo storico: la lettera è indirizzata a Savonarola, il governatore tiranno della città. In realtà, però, Girolamo Savonarola prese il potere a Firenze solamente dopo la cacciata dei Medici, sul finire del 1494, due anni dopo di quando è ambientato il film.
8) Reperti storici
Nel film è presente anche un vero reperto storico. Nel finale, infatti, la locomotiva che appare è uno degli ultimi tre esemplari conservati e funzionanti del Gruppo 400 delle Ferrovie Calabro-Lucane.