Invictus, Clint Eastwood, 2009
Questa pellicola del 2009, imperdibile tra i film sportivi, diretta da Clint Eastwood racconta una delle pagine più memorabili dello sport contemporaneo: la vittoria ai campionati del mondo di rugby del 1995 da parte della nazionale del Sudafrica. L’evento fu fondamentale per due ragioni: la prima è quella ovviamente sportiva in quanto il Sudafrica ospitò la manifestazione e battendo gli imbattibili All Blacks neozelandesi portò a casa un trofeo a dir poco storico.
La seconda ragione, invece, è di natura socio-politica in quanto questa coppa del mondo venne giocata un anno dopo l’elezione di Nelson Mandela come presidente della Repubblica Sudafricana e dopo appena 5 anni dalla sua scarcerazione, avvenuta dopo 27 anni di detenzione. In quel momento il Sudafrica viveva un momento di forte cambiamento: l’Apartheid era finito e la popolazione nera cercava di integrarsi con quella bianca. Il rugby ed in particolare quella coppa del mondo 1995, insieme al lavoro di Mandela furono fondamentali.
Il presidente unì tutti nel tifo per gli Springboks e utilizzò il rugby come arma di integrazione. Mandò la squadra ad insegnare il rugby ai bambini poveri che di solito conoscevano solo il calcio ed aprì le porte ad un difficoltoso processo di evoluzione della società sudafricana.
Il film riesce benissimo ad amalgamare l’evento sportivo con la storia politica di Nelson Mandela mostrando come lo sport, in una situazione così instabile e particolare, possa fungere da collante sociale molto più efficacemente di qualsiasi discorso politico o manovra finanziaria. La sequenza finale del bambino nero portato in trionfo, dopo la vittoria degli Springboks, da alcuni uomini bianchi che fino a poco prima lo scacciavano è esemplificativo di questo concetto: lo sport riesce ove altri campi della vita falliscono.
Lo spaccone, Robert Rossen, 1961
Uno dei capostipiti dei film sportivi, è forse la miglior opera che tratti di biliardo insieme a Il colore dei soldi di Martin Scorsese.
In questa pellicola seguiamo le vicende di Eddie Felson, interpretato da un Paul Newman in grandissima forma, talentuosissimo giocatore di biliardo ma fin troppo spaccone (come dice il titolo).
All’inizio del film vediamo Eddie andare insieme al suo socio, Charlie, alla ricerca di Minnesota Fats, considerato il più forte giocatore d’America. Come prevedibile Eddie surclassa il rivale fino a che, nella smania di continuare a vincere, esagera con l’alcool e perde tutto. Trova una speranza nell’amore di una donna ma continua a perdersi nel suo ego, trovandosi a cercare di sbarcare il lunario truffando altri giocatori.
Il film si mostra come una vera cartina del tornasole della visione della donna degli anni 60 oltre a mettere bene in guardia qualsiasi sportivo di talento dal più grande avversario che si possa incontrare: se stessi. Il sorriso magnetico di Newman e la sua postura spocchiosa rendono perfettamente l’idea di quello che è il personaggio di Eddie mentre il suo talento recitativo ci portano perfettamente dentro la sua anima auto distruttiva. Assolutamente imperdibile.
Momenti di gloria, Hugh Hudson, 1981
Tra i tutti i film sportivi presenti in questa lista, questo è sicuramente quello con la colonna sonora più famosa ed evocativa. La trama è centrata sulla vera storia dei ragazzi dell’Università di Cambridge che parteciparono alle Olimpiadi di Parigi del 1924.
In particolare l’attenzione si ferma su due di loro, Erid Liddell e Harold Abrahams, entrambi scattisti dall’indubbio talento.
Il primo è un fervente cristiano, rigido sui propri principi etici e che si pone in ogni frangente decine di domande sul percorso intrapreso e se quest’ultimo sia ciò che Dio vuole. Il secondo invece è ebreo e, guidato da un fortissimo senso di rivalsa nei confronti di una società che lo denigra per il suo credo, vuole utilizzare l’atletica come arma per una sua personale rivincita.
Il film è estremamente fluido e ci porta rapidamente alle Olimpiadi mostrandoci l’evoluzione dei due due protagonisti. In particolare assistiamo ad Harold che si fa aiutare da un allenatore di origini italiane, Sam Mussabini, cosa che lo rende ancor più malvisto dalle alte sfere della sua università.
L’amicizia in un periodo storico così tanto divisorio e in uno sport ancor più solitario è il perno su cui si muove tutta la faccenda. La religione o le origini di nascita sono solo ostacoli posti da una società cieca e bigotta che però vengono superati dall’amore per lo sport e da un forte senso di coesione tra gli atleti.
Moneyball – L’arte di vincere, Bennett Miller, 2011
Vero gioiello tra i film sportivi a tema baseball, questa pellicola narra la vera storia di Billy Beane che, come general manager degli Oakland Athletics, rivoluzionò il gioco. Difatti nella stagione 2001/2002 Billy si trova a dover rifondare una squadra, vincente l’anno prima, con un budget infinitamente inferiore rispetto alle grandi competitors del campionato.
Billy, interpretato da un grande Brad Pitt, si affida a Peter Brand, giovane analista di giocatori laureato in economia. Il film ci porta fin dentro il sistema sportivo americano, dandoci un’idea precisa di come funzionino le società dall’altra parte dell’Oceano. Pitt col suo sguardo a volte spocchioso riesce a dare perfettamente l’idea di un manager che crede molto in quello che fa, lasciando tuttavia un velo di insicurezza, perfettamente palpabile.
Una lezione sull’importanza della statistica e dello studio nello sport contemporaneo che ormai non può fare a meno di professionisti di settori economici per cercare di competere.
Ogni maledetta domenica, Oliver Stone, 2000
Pietra miliare tra i film sportivi, racconta la parte finale della stagione di una squadra di football, i Miami Sharks e del loro allenatore, Tony D’Amato.
La pellicola, perfettamente in equilibrio tra eventi sportivi seguiti in maniera quasi giornalistica e vicende umane extra campo, sempre chiare e assolutamente impeccabili, ha due punti di forza quasi irraggiungibili per gli altri lavori di questa lista.
Il primo è sicuramente la prestazione di Al Pacino che, nei panni di Tony D’amato, regala una di quelle interpretazioni da consegnare direttamente alla storia del cinema oltre a recitare uno dei monologhi più belli mai ascoltati.
Il secondo è la regia di Oliver Stone. Le scene di gioco sono sempre limpide e comprensibili anche per chi non mastica di football e le scene in cui i protagonisti non indossano caschi e protezioni hanno alcuni virtuosismi notevoli.
La sequenza della cena tra D’Amato e Jimmy col dialogo intervallato alle immagini di Ben Hur è di un livello registico inarrivabile. Vedere per credere.