Borg McEnroe, Janus Metz Pedersen, 2017
In questo film del 2017 viene ripercorsa una delle rivalità più accese della storia del tennis: quella tra lo svedese Bjorn Borg e l’americano John McEnroe. In particolare viene raccontato uno dei match più leggendari giocati tra i due: la finale di Wimbledon del 1980, nella quale trionfò lo svedese al quinto set.
La pellicola vive per tutta la sua durata di questo confronto fra i due giocatori agli antipodi. Da una parte la glacialità dello svedese, soprannominato non a caso IceBorg, che pare non provare emozioni; dall’altra la focosità del newyorkese, noto per le sue accese discussioni con i giudici.
Il film scorre piacevolmente, mostrando la natura complessa di Borg e la genuina follia di McEnroe. Accompagna lo spettatore all’interno del torneo di Wimbledon, dall’inizio fino al match tra i due protagonisti che occupa l’intera sequenza finale. Questa parte è veramente splendida e riesce a spettacolarizzare un evento altrimenti indigesto per il grande pubblico.
Gli attori sono calati perfettamente nelle loro parti. Emulano le movenze dei due tennisti e riproponendo anche particolari momenti del match che sono passati alla storia, come la caduta a faccia in avanti di McEnroe sul prato di Wimbledon.
Tuttavia concettualmente il film pecca di ignoranza nei confronti sia del tennis che dei protagonisti. McEnroe, per quanto fosse un vero vulcano, viene dipinto come un vero bad boy messo in confronto con un Borg che appare come un robot senza difetti.
Nella sequenza nella quale vediamo gli allenamenti dello svedese, ci appare un McEnroe sdraiato sul letto a bere birra. Il film cerca di mitizzare eccessivamente il tennista svedese esaltando i difetti caratteriali dello statunitense tanto che, durante le battute finali del match, il tennista europeo tocca la spalle dell’avversario tranquillizzandolo “pensa solo a giocare”, quasi fosse il suo allenatore. Una sequenza e un trattamento che una leggenda del tennis del calibro di John McEnroe non merita, nonostante tutto.
Se aveste voglia di rivederlo, l’appuntamento è per questa sera alle 21:10 su Rai Movie
Coach Carter, Thomas Carter, 2005
Quest’opera del 2005, un vero cult tra i film sportivi, racconta la storia di una squadra di basket di un liceo non esattamente tra i più brillanti d’America, quello di Richmond e del loro non ortodosso nuovo allenatore, Ken Carter. Il coach, interpretato da un superbo Samuel L. Jackson, è stato una leggenda dello stesso college e decide di prendere quel gruppo di ragazzi, tutti avviati ad una vita difficile, e dare loro una prospettiva diversa. I suoi metodi sono duri e non ammettono repliche ma, col passare del tempo, i ragazzi assimilano gli ideali di vita che Coach Carter insegna loro: rispetto, responsabilità, coraggio. Tutto mentre macinano vittorie sul campo.
Il basket e le partite sono solo un contorno. Il film si basa sull’incredibile lavoro fatto da Coach Carter sull’educazione dei propri ragazzi. Nonostante questo le scene di gioco sono ottime e viene dato spazio anche a componenti tecnico-tattiche che un amante di pallacanestro sicuramente apprezzerà. Un mix sapiente tra ciò che avviene in campo e ciò che avviene fuori che riesce a trasmettere la nozione fondamentale del coach: lo sport può salvare la vita anche a ragazzi che vivono situazioni disastrose.
Foxcatcher, Bennett Miller, 2014
Questa pellicola risulta interessante tra i film sportivi poiché unisce una storia di agonismo e competizione ad un fatto di cronaca nera.
Foxcatcher narra delll’omicidio di Dave Shultz, campione olimpico a Los Angeles nel 1984 nella lotta ad opera di John Du Ponts, ricchissimo filantropo con grossi problemi psichici. Infatti l’uomo si atteggia a grande conoscitore della lotta e cerca di trovare gioia nella proprio triste vita appropriandosi dei successi sportivi di Dave Shultz e di suo fratello Mark, anche lui campione olimpico. Quando i due non si trovano più in accordo con Du Ponts, la fragile mente dell’uomo collassa.
Un film quadrato e fluido che mostra appieno le debolezze di un uomo tanto ricco quanto insicuro e che avrebbe voluto utilizzare i successi degli altri per dare un senso alla propria vita.
Ad aggiungere qualità ad un film già di per sé ottimo si pone la prestazione di Steve Carrell nei panni di Du Ponts. Il suo viso spesso sorridente ed ironico si adatta perfettamente alla follia latente e poi esplicita di un personaggio davvero controverso. Nota di assoluto merito va a Mark Ruffalo che, per dare credibilità alla vicenda, ha studiato la postura e movimenti dei lottatori professionisti dando alle scene di allenamento e di gara un’aura di veridicità notevole.
Fuga per la vittoria , John Huston, 1981
Avremmo mai potuto stilare una lista di film sportivi e lasciare fuori quello nel quale partecipa Pelè, uno dei più grandi calciatori di sempre? Ovviamente no.
La trama racconta di alcuni soldati alleati, tra i quali spiccano Pelè, Sylvester Stallone e Micheal Caine, rinchiusi in un campo di prigionia tedesco durante la seconda guerra mondiale.
In questo carcere giocano liberamente a calcio e un alto ufficiale tedesco decide di organizzare una partita tra una compagine nazista ed una alleata per dimostrare la supremazia teutonica.Tutta la spettacolare sequenza finale riguarda il match nel quale hanno recitato diversi calciatori professionisti come Bobby Moore o Russel Osman oltre, ad appunto, O’Rey. La presenza di veri professionisti è sicuramente una caratteristica che rende le scene sportive eccellenti e appassionanti e dà al film un ritmo eccellente.
La vicenda è liberamente ispirata alla cosiddetta “partita nella morte” che si svolse nel 1942 tra i giocatori della Dynamo Kiev e della Lokomotiv Kiev contro una compagine di ufficiale della Luftwaffe, l’aviazione tedesca. In quel caso la partita finì 5 a 3 per gli ucraini e l’arbitro fischiò la fine prima del novantesimo minuto per evitare ulteriori umiliazioni ai soldati nazisti.
Il Maledetto United , Tom Hooper, 2009
Tra i migliori film sportivi dell’ultimo decennio c’è sicuramente quest’opera che narra la storia di Brian Clough, il più grande allenatore della storia inglese.
Clough fu infatti capace di vincere ben due edizioni consecutive della Coppa dei Campioni alla guida del Nottingham Forest nel 1979 e nel 1980.
Il film racconta gli anni precedenti a questi successi, quando Clough, dopo aver fatto la storia del Derby County portandola in prima divisione inglese, passa alla guida del Leeds United. L’uomo era ossessionato dallo United (da qui il titolo del film) e dal precedente allenatore, Don Revie, che sulla panchina del Leeds vinse tutto.
La pellicola mostra parallelamente i trionfi sulla panchina del Derby County dove, insieme al vice allenatore Peter Taylor, scrive la storia del club, alternandoli con i giorni bui alla guida del Leeds.
Il film non si concentra sui trionfi che hanno reso Clough immortale, ma ci mostra la fragilità dell’uomo e le sue debolezze, portate allo stremo dalla sua ossessione per lo United e Don Revie, inscenata benissimo da un sontuoso Micheal Sheen.
La pellicola ci guida nella psiche dell’uomo, così forte all’esterno ma così insicuro all’interno. Clough è totalmente incapace di ottenere gli stessi successi senza Peter Taylor col quale, nel catartico finale, si riunisce in un abbraccio.
Lo sport è fatto di uomini, cosa che ogni tanto dimentichiamo. Per fortuna che Il maledetto United è qui a ricordarcelo.