Dov’è il mio corpo? – Recensione del film d’animazione di Jérémy Caplin

Dov'è il mio corpo? Recensione del film Netflix adattato dal racconto Happy Hand e diretto da Jérémy Clapin.

dov'è il mio corpo?
Una scena del film
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Una mano recisa fugge da un laboratorio di anatomia e con grande intraprendenze si mette in moto, tra le arterie della grande Parigi, alla ricerca del suo corpo perduto.

La strada è lastricati di peripezie e ostacoli che la mano riesce a superare solamente sospinta dalla forza del ricordo del suo antico compagno Naoufel. Il giovane uomo dopo la morte dei genitori si ritrova a vivere con uno zio padrone che lo abbandona a sé stesso.

Costretto a mettere da parte i sogni dell’infanzia finisce a lavorare come fattorino per un pizzeria d’asporto. Proprio durante una consegna fa la conoscenza (attraverso un citofono) di Gabrielle, deciso ad incontrarla in carne ed ossa.

dov'è il mio corpo?
Una scena del film

Dov’è il mio corpo? è la storia di due viaggi, due storie che si muovono parallele, quella della mano e quella di Noufel, entrambi impegnati in una ricerca, chi di una ragazza e chi di un corpo.

Un viaggio tanto nello spazio quanto nel tempo, attraverso tre dimensioni temporali, il tempo della mano, il tempo di Noufel e il tempo del ricordo. Emergono flashback, caratterizzati da una fotografia in bianco e nero, che esibiscono il passato, l’infanzia di Noufel insieme ai suoi genitori.

La prospettiva tuttavia sembra essere quella della mano, dotata di un memoria sensoriale ed emotiva che la muove. Jérémy Clapin, già illustratore del racconto Happy Hand, manifesta la sua sensibilità creando scene in cui emerge l’indissolubile legame tra quella mano e il suo corpo attraverso il gioco di Noufel bambino. Calpin concentra il proprio sguardo sulla mano che afferra, che accarezza, che scopre il mondo insomma.

Il regista si rivela capace di creare trovate visive molto interessanti, segue il viaggio funambolico della mano con un ritmo scapigliato, muovendosi in scenari quasi lugubri.

La mano è sulle tracce di quel corpo dal quale è stata separata brutalmente, ripercorrendo la scia di un trauma. Allora questo viaggio assume un forte valore simbolico, il viaggio della mano si fa metafora pregna di significato se contrapposta alla storia personale di Noufel.

Il giovane uomo è afflitto dal suo destino, o meglio è afflitto da sé stesso, trascinandosi avanti con grande sconforto. Proprio il non incontro con Gabrielle lo sprona a riprendere in mano le redine della propria esistenza. Il racconto allora si concentra sulla dimensione della percezione umana, offrendo un’esperienza di conquista del mondo attraverso dolore, fatica e incertezza.

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