Onde evitare fastidiosi spoiler, la trama va ridotta ad una manciata di parole, banali e scontate. Continua la guerra tra il Primo Ordine, comandato da Kylo-Ren e la Resistenza, capitanata da Leila ed armata con le braccia Jedi di Rey, con Finn, Chewbecca, Poe, C3-PO e R2-D2 a dar supporto. I volti sono ovviamente gli stessi dei precedenti due capitoli, quindi Adam Driver e Daisy Ridley, ai quali si aggiunge anche la premio Oscar Lupita Nyong’o ma come personaggio marginale. Non da meno, ci saranno anche dei ritorni, alcuni più graditi e altri decisamente molto meno che non sveleremo. Il colpo di scena la fa da padrone per tutta la durata del film.
Chiusa la spinosa questione della trama senza spoiler, possiamo finalmente dire che Star Wars: L’ascesa di Skywalker è un classico, anzi il classico, film Disney. Questa definizione è chiaramente a libera interpretazione rispetto il gusto di chi guarderà il film. Chi è contro il politicamente corretto, il sentimentalismo, avrà da masticare molto amaro.
Allo stesso tempo, è abbastanza scontato che un film Disney ha quei determinati canoni da rispettare sempre e comunque. In tal senso, la discussione si potrebbe spostare sul se e sul quanto la Disney abbia snaturato una saga come Star Wars ma si prenderebbe la tangente verso altre galassie lontane lontane. Rimanendo su quella di questo Episodio IX, ciò che esce fuori è un vero trionfo di sentimentalismo smodato e molto furbo. Un tranello sul quale è possibile e normale caderci in pieno.
Così come accaduto in Episodio VIII non è tutto oro ciò che luccica. Se nel precedente capitolo era apprezzabile l’intento di voler rompere con il passato, lavorando di decostruzione rispetto l’icona Star Wars, qui c’è un passo indietro. Magari anche a causa delle critiche piovute post-Episodio VIII. In Star Wars: L’ascesa di Skywalker, troviamo un problema proprio nella scrittura, a tratti forzata nel voler ricucire cose ben poco conciliabili tra loro. Ma il sentimentalismo, si sa, risolve ogni bega possibile. Anche a costo di forzare un po’ troppo la mano e riallacciarsi con il comodo passato, strizzando l’occhio al fan di sempre.
Proprio il passato diventa quindi forza motrice del film che, pur non cadendo nell’evidente autoplagio di Episodio VII, lo gestisce in maniera più ordinata e diluita. I richiami arrivano un poco alla volta, alternando vecchio e nuovo in modo tale da appianare ogni divergenza possibile ed eventuale. Star Wars: L’ascesa di Skywalker quindi preferisce dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, rimanendo in una via di mezzo che trova ben poco senso rispetto la lettura contemporanea di una delle maggiori, se non la maggiore, icona pop. Non sempre un curato comparto visivo può colmare determinate lacune, soprattutto se evidenti.
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