The Irishman, per gli utenti Netflix è “lungo e noioso”

The Irishman
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Come da previsione, The Irishman ha diviso moltissimo gli utenti Netflix che, come da tradizione, hanno detto la loro sul proprio profilo di ogni social. Spiccano senza dubbio quei commenti accomunati da due aggettivi che lasciano quantomeno perplesso: lungo e noioso. Proprio questa è la critica negativa mossa da molti spettatori che non hanno apprezzato a pieno l’ultimo film di Martin Scorsese.

L’ultimo film firmato Martin Scorsese, con una lunga e travagliata produzione, sebbene abbia riscosso un ampio successo da parte della critica, troviamo un’accoglienza del pubblico abbastanza fredda dove una buona parte di esso non ha gradito il ritmo nonché la durata, definita eccessiva da molti.

Difficile riuscire a capire il motivo di questo giudizio, ci permettiamo di definirlo superficiale, vista una leggera ipocrisia che caratterizza la fruizione di oggi di film e serie TV. Perché da un lato, sembra sconvolgente assistere ad un film di circa quattro ore di durata, dall’altro molti spettatori prestano il proprio fianco alla pratica del binge-watching, ossia vedere una serie TV tutta d’un fiato. E raramente una serie TV dura meno di The Irishman.

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Impossibile quindi trovare un senso a questa categorizzazione estetica. A differenza del noioso che, apparentemente, trova un senso legato molto al gusto personale. Anche qui però è possibile riportare una teoria circa il costante bisogno di stimoli visivi per il pubblico a causa di uno smodato e compulsivo utilizzo dei social. Questi, infatti, tendono a mandare informazioni quasi alla velocità della luce, abituando il nostro cervello a ricevere impulsi ogni secondo.

Vien da sé che un film come The Irishman, che si prende decisamente i suoi tempi per raccontare la storia di Frank Sheeran e Jimmy Hoffa, sia un prodotto in controtendenza rispetto a quanto siamo abituati oggi. Un esempio che conferma suo malgrado la teoria degli stimoli visivi è possibile riscontrarlo, non ce ne voglia Martin Scorsese, con un film di (quasi) pari durata. Avengers: Endgame. Un action di tre ore in cui i tempi morti (laddove sia possibile definirli come tali) sono funzionali esclusivamente ad un riposo di occhi e orecchie.

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L’azione predomina nel susseguirsi degli eventi, lasciando poco respiro tra scazzottate contro Thanos e colpi di scena vari. Viene quindi da chiedersi se il problema sia effettivamente di The Irishman o di un pubblico che soffre determinati bisogni visivi. Ai posteri l’ardua sentenza.

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