Un evocativo tuffo in un passato mai stato così contemporaneo.
Il fascino malinconico dell’autunno è arrivato a Foligno, piccola cittadina di provincia nel cuore verde d’Italia, e mentre gli alberi mutano colore durante la loro rituale trasformazione, una pioggia incessante scende sulla città da più di una settimana. La stessa pioggia che sabato sera ha smesso di colpire le strade e le campagne folignati per dare il benvenuto ai Jennifer Gentle, in occasione dell’ottava data del tour a supporto del loro ultimo album (Jennifer Gentle, via La Tempesta Dischi) allo Spazio Astra: una location suggestiva di remota fattura, dove l’arte è di casa dai tempi in cui era un cinema, poi una libreria ed ora uno spazio dove la creatività umana è libera di esprimersi a 360°.
Forse il fatto che abbia smesso di piovere poco prima del concerto e che abbia ripreso poco dopo la partenza della band è solamente una coincidenza, ma i Jennifer Gentlehanno indubbiamente portato il calore che da qualche giorno mancava nell’aria. Ed è in questo clima di momentaneo tepore che hanno suonato per circa un’ora e mezza, dopo l’intimo ed inaspettato set di An Early Bird, il progetto folk solista di Stefano De Stefano, un’artista che racconta la vita con una delicata sensibilità. Un cambio di registro dall’acustico all’elettrico, quindi, dove la chitarra e l’armonica a bocca di An Early Bird hanno lasciato il posto alle percussioni di Diego Dal Bon, al basso di Alessio Lonati, alla tastiera di Carlo Maria Toller, alla chitarra (e ai balletti) di Carlo Poddighe e alla chitarra e alla steel guitar di Marco Fasolo, la mente e l’anima che pompano linfa vitale al progettoda vent’anni.
Benvenuti in un mondo a tinte acide.
Eccoci allora catapultati nel mondo dei Jennifer Gentle dove il fil non è più rouge, ma ha assunto le tinte acide della psichedelia, dalla quale Fasolo ha tratto ispirazione declinandone le sonorità, raggiungendo sfumature agli antipodi: dall’antracite e dal grigio acciaio dell’industrial (My Inner self, Temptation) all’azzurro mare di Beautiful Girl, perfetta colonna sonora per una surf session nella California degli anni ’60. Il set della band è eterogeneo e vi trovano spazio anche i precedenti lavori (la lenta ballata Tiny Holes o il garage con derivazioni rockabilly di I Do Dream You), ma il vero protagonista della serata è Jennifer Gentle, l’album omonimo, l’ultima fatica pubblicata dopo 9 anni dal precedente Concentric.
Le già citate My Inner Self, Temptation e Beautiful Girl lasciano intuire come in questo lavoro Marco Fasolo abbia sperimentato senza porsi limiti (basta pensare anche a tracce come What in the World), per dar vita ad un long playing denso di generi diversi, ma mai caotico e confusionario. Durante quasi tutto il live è pressoché impossibile restare immobili: il groove di canzoni come Guilty ti afferra all’ombelico e non ti molla più. Una perfomance precisa, pulita, che culmina con il bis in cui i Jennifer Gentle ci presentano una lunga versione della beatlesiana You Know Why, confermandosi, di nuovo, come una delle più interessanti realtà del panorama musicale nostrano.