Shining, il capolavoro di Stanley Kubrick tratto da uno dei romanzi più famosi di Stephen King, è tornato al cinema per due giorni, mostrando al pubblico la versione estesa della pellicola.
A quasi quaranta anni dall’uscita del film nelle sale, il racconto horror su Jack Torrance interpretato da Jack Nicholson è tornato sul grande schermo: una mossa che non sembra dettata dal caso, ma che accompagna la prossima uscita di Doctor Sleep, pellicola che vede Ewan McGregor interpretare un adulto Danny Torrance, figlio di Jack alle prese con le conseguenze di quello che aveva vissuto da bambino all’Overlook Hotel e costretto a muoversi in un mondo dove la magia e l’orrore vanno di pari passo.
Shining è sempre stato un film cult, una pietra miliare della cultura cinematografica: si pensi, ad esempio, alla lunga sequenza ad esso dedicato nel film Ready Player One o all’impegno che hanno messo i fautori di Deep Fake nel modificare il volto di Jack Nicholson con quello di Jim Carrey nei panni del protagonista.
Quello che forse non tutti sanno è che Stanley Kubrick e Stephen King, all’epoca della realizzazione del film, non ebbero un rapporto idilliaco.
Shining: i rimandi di Doctor Sleep
La guerra che si è instaurata negli anni ’80 tra Stephen King e Stanley Kubrick sembra, oggi, più attuale che mai. Questo perché i vari trailer di Doctor Sleep sembrano aver chiarito che, sebbene il film abbia una trema estremamente legata al romanzo di King, l’estetica è invece intrecciata a doppia mandata con quella del film di Stanley Kubrick.
Un esempio? Nel film di Mike Flanagan si vedrà un’inquadratura dedicata all’orrorifica camera 237, che Stanley Kubrick realizzò con la precisione che gli era distintiva. Nel romanzo, invece, il numero della stanza era la 217. Questa doppia natura di Doctor Sleep, vale a dire quella che non può fingere che il film di Kubrick non esista, ha riportato in superficie la guerra tra il regista di 2001 Odissea nello Spazio e lo scrittore di IT.
La guerra tra Kubrick e King
In un’intervista con il The Paris Review, Stephen King tornò a parlare della sua delusione riguardo l’adattamento che Stanley Kubrick aveva fatto del suo romanzo. Per l’occasione King aveva avuto modo di elencare tutto quello che non gli era piaciuto all’interno della trasposizione.
Si tratta di un film troppo freddo. Non c’è alcun coinvolgimento emotivo riguardo quello che accade alla famiglia. Shelley Duvall, nei panni di Wendy, non è altro che una macchina urlatrice. Non c’è alcun coinvolgimento nelle dinamiche familiari. […] E Kubrick sembrava non rendersi conto che Jack Nicholson stava interpretando lo stesso ruolo da psicopatico che aveva interpretato in tutti i film che aveva fatto. Il tipo è già pazzo. Perciò dov’è la tragedia, se il tipo si presenta ad un colloquio di lavoro ed è già fuori di testa? No, ho sempre odiato quello che Kubrick ha fatto.
Le parole di Stephen King del 2006 rispecchiano quello che è sempre stato il suo pensiero: ossia che Stanley Kubrick avesse in qualche modo snaturato il suo romanzo, trasformando in un preciso formicaio dove i personaggi venivano trascinati da qualcosa più grande di loro. Secondo lo scrittore, quindi, mancava di tutto quella tragica tensione dei protagonisti, soprattutto di Jack Torrance, che cercano di resistere ai propri demoni.
Questo perché Stanley Kubrick, che era famoso per la sua meticolosità ma anche per un atteggiamento quasi dittatoriale sul set, era più che mai interessato a parlare di un personaggio aggiunto: l’Overlook Hotel. Quello che per Stephen King era lo scenario di una tragedia umana, per Stanley Kubrick divenne un protagonista soprannaturale e mefistofelico. Per Stanley Kubrick non c’era perdono, non c’era nessun Dio, ma solo la follia di Jack.
Due punti di vista così diversi che svelarono la propria opposizione sin dall’inizio, quando lo scrittore presentò la sua sceneggiatura al regista, che la rifiutò senza troppe cerimonie.
Le cronache della lavorazione, però, raccontano di uno Stanley Kubrick talmente ossessionato dalla resa del film a cui stava lavorando, da telefonare a Stephen King ad ogni ora del giorno e della notte, per avere consigli e risposte che lui avrebbe poi comunque elaborato secondo la propria logica.
Secondo la leggenda, Kubrick una volta chiamò King mentre quest’ultimo si stava facendo la barba, dicendogli: Se ci sono i fantasmi vuol dire che c’è una vita oltre la morte. Questo è molto ottimista, no? Alla domanda King rispose dicendo che molte persone credono che quello possa essere l’inferno.
Secondo David Hughes, uno dei biografi di King, la realtà dietro la lavorazione di Shining fu ancora più dura: l’autore, infatti, racconta che Kubrick si rifiutò del tutto di leggere la sceneggiatura iniziale di King perché lo trovava uno scrittore dalla scrittura estremamente debole.