La Superluna di Drone Kong: recensione del nuovo album di Nikki
La Superluna di Drone Kong si presenta come un prodotto musicale fin troppo celebrale, commette l'errore di preferire il calcolo freddo della razionalità alla calda spontaneità del sentimento.
La Superluna di Drone Kong: quel che succede quando un’artista sceglie il cervello, dimenticando il cuore.
Quando si ascolta per la prima volta La Superluna di Drone Kong, il nuovo progetto di Fabrizio ‘Nikki’ Lavoro, c’è solamente un commento che ti ronza nella mente per tutta la durata dell’album: Tutto bello, ma dov’è quel qualcosa che te lo fa ricordare?
Classe 1971, a distanza di due decenni e mezzo da Rock Normale, il disco di esordio, il noto speaker di RadioDeejay ritorna a contaminare il panorama musicale italiano con il micro-cosmo di La Superluna di Drone Kong, un universo iconografico avvincente e carico di carisma. Un collage di canzoni registrate da solo, di notte, nella propria cameretta. Un progetto in arrivo il 31 ottobre con il quale Nikki tenta di mostrare al pubblico il suo lato più oscuro, più lunare e, sulla carta, più intimo.
Sulla carta, La Superluna di Drone Kingsi presentava come un progetto naif e genuino. Durante la realizzazione, invece, tutti i buoni propositi dell’idea iniziale sembrano scemare con il passare dei brani, scomparendo totalmente con l’indie artificioso di I Concerti, ispirato al sempreverde Miami Festival di Milano.
Per Nikki il futuro è razionale.
L’energia sprigionata dall’universo generato attraverso piccole e intelligenti scelte estetiche, quali il titolo dell’album o la colorata copertina, è senza ombra di dubbio il principale motivo di apprezzamento di La Superluna di Drone Kong. Nato da un mix particolare, dove la nota drone viene accostata insensatamente a King Kong e la dimensione cyber passeggia mano nella mano con un riscaldamento globale che ha trasformato Milano in una giungla umida e bollente, l’immaginario di Nikki colpisce il pubblico per la sua caotica spontaneità: ogni canzone è ambientata nella società del 2040, in cui l’umanità sopravvive solamente con l’ausilio dello schermo di un cellulare e si esprime unicamente attraverso bizzarri acronimi. Almeno, questo è ciò che sarebbe dovuto essere l’album. Quando si parla di ciò che è effettivamente l’album, invece, c’è qualcosa da ridire.
Ciò che emerge ad un primo ascolto di La Superluna di Drone Kong, infatti, è la volontà che sta alla base dell’ultima creazione musicale di Nikki. Quella volontà di strafare, di essere più giovane di quanto si è, di imporsi sulla scena musicale come manifesto generazionale e pseudo-esistenzialista dal retrogusto cyberpunk. Quella volontà che non è dettata dal cuore, abbandonato lì, in un angolino buio, ma che deriva da una razionalità fin troppo presente. Traccia dopo traccia, l’album perde gradualmente la sua affascinante freschezza e, canzone dopo canzone, si plasma come uno sterile e fin troppo celebrale esercizio di re-interpretazione del vocabolario pop, un percorso che raggiunge il suo apice nella fastidiosa Acronimi.
In definitiva, quel qualcosa che manca a La Superluna di Drone King è la scelta di lasciarsi abbandonare al caos, dimenticandosi della razionalità, evitando di calcolare e pianificare tutto in ogni minimo dettaglio. Peccato, la materia prima era terribilmente affascinante.