Il passato, o quanto meno gli sbagli che lo caratterizzano, son sempre stati una costante importante all’interno di Bojack Horseman. Elementi preponderanti che non solo negavano una possibilità di redenzione da parte dei protagonisti, ma andavano anche a plasmare il loro presente in maniera consistente. In questa ultima stagione però, il tutto diviene ancor più preponderante ed influente, fino a divenire un’istanza con la quale doversi confrontare ad ogni costo.
Una resa dei conti inevitabile e che fin dall’inizio dello show aleggiava inesorabile su tutti i personaggi.
Non vi è alcuna possibilità di fuga dai propri peccati, come non vi è nessuna opportunità concreta di modificare la propria natura. In Bojack Horseman sembra esserci infatti un’impossibilità esistenziale di rimediare ai propri sbagli, in un pessimismo cosmico che cristallizza tutto in una stasi dannosa e autolesionista. Una sorta di forza “divina” che impone il suo volere sui vari personaggi, immobilizzandoli dietro a delle maschere pre-costruite, che non consentono un mutamento e quindi indirettamente il manifestarsi della vita stessa. Una sorta di girone dantesco che obbliga i vari protagonisti non solo a rivivere i propri drammi, confrontandosi con i propri errori, ma anche a percepire quell’impossibilità di redenzione che li avvolge.
Bojack Horseman, protagonista dell’intero intreccio, in questo ultimo atto della sua storia è più come un fantasma che aleggia sulle vite degli altri, che una parte attiva della trama. La volontà di omettere concretamente il suo personaggio per buona parte degli episodi iniziali, dando spazio invece a tutto ciò che lo ha sempre circondato, è indubbiamente la soluzione visiva e narrativa più interessante intrapresa in questa prima parte della sesta stagione.
Una volontà di mostrare al pubblico non solo i drammi personali dei vari volti dello show, ma anche l’influenza che ha avuto Bojack Horseman sulle loro vite. Passato e presente si mescolano così in maniera consistente, dando forma ad una struttura narrativa che riflette su sé stessa e che gioca abilmente con lo spettatore.
In questa sesta stagione, già a partire della sigla d’apertura, ci viene chiarito in modo esplicito di essere davanti ad un epilogo, ma soprattutto di fronte ad una resa dei conti. Tutto quanto è collegato e l’autodistruzione, che sempre ci è stata mostrata nei vari personaggi, assume nuovamente un altro aspetto, diventando simile ad una malattia contagiosa. Un qualcosa di subdolo e meschino, che passa da una mente ad un’altra, alimentandosi dei bisogni e delle frustrazioni di ogni singola persona. Bojack Horseman diviene così più coeso e compatto che mai, riflettendo non solo sui problemi della società a cui si riferisce, ma anche su quello che è sempre stato.