1994: Recensione della stagione migliore della serie

La trilogia Sky sulla politica italiana si è conclusa con 1994, la stagione migliore della serie. Ecco la recensione SENZA SPOILER!

1994 recensione
Miriam Leone in 1994
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Con un tone of voice ben definito e una visione disincantata e divertita degli eventi, 1994 è la stagione migliore della serie.

L’ultima stagione della trilogia Sky, iniziata con 1992 e portata avanti con 1993, ha compiuto una decisa virata verso uno stile più pulito e definito per raccontare contenuti selezionati con più accortezza. Dopo due stagioni intriganti ma sconclusionate, il team di sceneggiatori riesce finalmente a definire il proprio tono di voce, senza rinunciare a quel mix di realtà e finzione che ne ha determinato il successo. Il risultato è 1994, un capitolo finale di altissimo livello, un prodotto confezionato quasi alla perfezione, che da molto mancava nel panorama della serialità italiana.

Dalla coralità confusa a una nuova narrazione

Rispetto alle due stagioni precedenti, 1994 abbandona la narrazione corale per modulare il tono di ogni puntata su un protagonista o un avvenimento diverso. La serie ci trasporta nel vivo della Seconda Repubblica – iniziata con le elezioni del marzo 1994 – con una prima puntata incentrata sul personaggio di Leonardo Notte, interpretato da Stefano Accorsi. Leo era un pubblicitario senza scrupoli, diventato braccio destro di Silvio Berlusconi durante la campagna elettorale. In questa puntata, Notte, tormentato da molti fantasmi del suo passato – resi con tecniche narrative alla Birdman – deve assicurarsi che il confronto Berlusconi-Occhetto finisca con il successo del primo.

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Miriam Leone è Veronica Castello in 1994

La seconda puntata è invece dedicata a Veronica CastelloMiriam Leone – che, con la sua bellezza mozzafiato, è riuscita a entrare in politica. È disposta a tutto pur di non perdere la poltrona che Berlusconi le ha riservato ma è stanca di doversi scontrare con maschilismo e pregiudizi. A Palazzo Chigi Veronica rincontra anche Pietro Bosco – Guido Caprino – ex militare entrato in Parlamento nelle file della Lega Nord e sua vecchia fiamma. Seguendo la stessa scansione a episodi, a Pietro è dedicato il terzo, mentre il quarto riguarda un membro, finora marginale, del pool di Mani Pulite. Con questo episodio, sullo sfondo dei mondiali di calcio e del decreto Biondi-salvaladri, la serie decolla definitivamente, riducendo al minimo le imprecisioni.

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L’asso nella manica di metà stagione

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In questo crescendo qualitativo si colloca la quinta puntata, una piccola perla a livello di sceneggiatura, sicuramente asso nella manica della stagione. Riprendendo la tecnica di narrazione post-mortem di American Beauty, a raccontare l’incontro avvenuto in terra sarda tra Bossi e Berlusconi, è un morto. Il corpo galleggiante del narratore/collaboratore di Berlusconi, ricorda anche quello di Viale del tramonto e le atmosfere dell’intero episodio sono squisitamente noir. Questa puntata è importante non solo per l’impeccabile confezione, ma anche per l’intreccio che porta a un’importante evoluzione dei tre personaggi fittizi principali: il triangolo amoroso di Veronica si definisce finalmente in modo netto.

Dal 1994 al 2011

Toccato l’apice stilistico e narrativo a metà stagione, la scrittura scivola di nuovo verso un racconto più corale e carico di avvenimenti, com’era nelle prime due stagioni. Così in due puntate si tirano le fila di quasi tutta la vicenda. La sesta e settima puntata servono dunque a fare da contesto al colpo di scena finale: l’ultima puntata compie un salto temporale di 17 anni. Ancora una volta una scelta precisa e distintiva di un unico episodio, che affronta con coraggio ma senza ottiche di parte, la crisi del berlusconismo.

A determinare l’efficacia di questa scelta di scrittura è anche la magistrale interpretazione di Paolo Pierobon, che anche nel momento più duro della carriera del Cavaliere, ci offre un ritratto di Berlusconi realistico e distaccato, in nessun momento macchiettistico o tendenzioso; forse il migliore mai realizzato. Ma Pierobon non è la sola scoperta della serie. A uscirne trionfante è anche e soprattutto Miriam Leone che sembra aver fatto della serie il trampolino di lancio verso il successo.

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«La gente non ci capisce una mazza»

La serie, nata da un’idea di Stefano Accorsi, quasi sicuramente non proseguirà. Forse si deve un po’ anche a questo il tono quasi profetico del finale. Stupiscono le parole ardite messe in bocca a Scaglia sulla volubilità della gente; perfetta chiave di lettura degli avvenimenti raccontati dalla serie ma anche di quelli odierni, nei quali il populismo fa ormai da padrone. Questo forse il merito da riconoscere all’intera serie: al di là degli alti e bassi stilistici, l’essere riuscita a offrire – per prima – una finestra di riflessione sul presente attraverso il racconto, divertito, del passato.

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«La stessa gente che urlava “Di Pietro Di Pietro” nel 1992 poi ha votato Berlusconi nelle elezioni del ’94. La gente non ci capisce una mazza. E lei adesso gongola. Ma sta tarantella è cominciata con mani pulite. E più andrà avanti e più sarà peggio, a dare ascolto alla gente».

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