Nel 2018, la prima stagione antologica di The Terror ci aveva completamente spiazzato. Ci siamo trovati di fronte a una nuova tipologia di serie horror, che mescolava drammi umani e storici, con l’aggiunta di elementi soprannaturali, attraverso i quali si esploravano gli angoli più bui dell’umanità in una lenta discesa verso la folliaumana. The Terror: Infamy è un nuovo terribile viaggio in questa direzione.
The Terror: le origini
Nella sfortunata spedizione artica di Sir John Franklin, il soprannaturale proveniva dalla natura ostile e feroce delle antiche lande ghiacciate, le quali davano vita ad una creatura mitologica simile ad un orso dalle sembianze umane, nota come Tuunbaq. Gli showrunner David Kajganich e Soo Hugh erano riusciti magnificamente a scrivere una storia estremamente dettagliata, atta a costruire e approfondire attentamente i caratteri dei personaggi, i loro aspetti e l’intrecciarsi dei rapporti tra questi. Sullo sfondo dominava una natura spaventosa, ma affascinante.
Ora, meno di un anno e mezzo dopo, la serie Amazon Prime Video ritorna per una seconda stagione con una nuova analisi della paura (in questo caso generata nell’infamia e dall’onore) in un contesto storico completamente diverso. Ideata dai due nuovi showrunner Max Borenstein e Alexander Woo, The Terror: Infamy prova a raccontare l’orrore e la paura insita nei nippo-americani che hanno visto il loro paese di origine combattere contro gli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale.
The Terror: Infamy, Trama
La storia inizia negli anni 30, in un’isola artificiale della California, Terminal Island. Qui vive isolata e in pace una comunità di giapponesi americani; alcuni delitti, però, iniziano a turbare la tranquillità del luogo e risvegliano le superstizioni dei nipponici che pensano sia opera di un fantasma, un demone denominato Yūrei.
Chester Nakayama, il protagonista, è diviso tra due paesi e due culture molto differenti tra loro, ma non essendo totalmente appartenente a entrambi, vuole esplorare il mondo al di là del loro vicinato, desiderio che esprime costantemente attraverso la fotografia. Inoltre, si trova ad affrontare i pregiudizi e le barriere culturali tra i diversi paesi, poiché la sua amante latinoamericana Luz è rimasta incinta. Di comune accordo, la coppia decide per l’aborto, mandando inevitabilmente in crisi il loro rapporto. Sullo sfondo storico insorge la Seconda Guerra Mondiale con “l’infame attacco di Pearl Harbor” e il conseguente internamento dei giapponesi in America negli appositi campi di detenzione.
Ciò che emerge in maniera limpida da questa seconda stagione è come la serie The Terror si prefigga di conservare la sua natura di storia riflessiva sulla condizione umana, più inquietante e a tratti spaventosa rispetto ai fantasmi e agli elementi soprannaturali che fuoriescono nel corso degli avvenimenti. Nel confronto tra le due stagioni antologiche, la seconda annata però delude sotto molti aspetti, pur avendo diversi pregi e mantenendo la solita accurata e incantevole fattura tecnica.
Episodio dopo episodio, ci si accorge di come le tematiche introdotte, assieme all’approfondimento sulla vita nei campi di detenzione, vengano meno. Il lato horror della storia ottiene un ruolo centrale e ci si concentra unicamente sulla stessa Yūrei, la quale diviene un punto focale all’interno della vicenda. Lo stesso Chester (il protagonista) lascia il campo di detenzione in diverse situazioni, recuperando passo dopo passo gli indizi e le motivazioni sulla natura del fantasma che perseguita l’infamia della sua famiglia e dei personaggi ad essa legati.
Il demone (Yūrei) sembra essere invincibile, lo spirito vendicativo di una donna madre (Yuko) in grado di prendere il controllo totale dei corpi, trasformandoli in marionette che eseguono gli ordini, costringendoli ad uccidere o inducendoli all’autolesionismo. Attraverso di lei, l’orrore viene mostrato soprattutto “fisicamente”, con arti che vengono contorti, toraci che si capovolgono e ossa che scricchiolano e vengono spezzate: un male dal quale sembra impossibile difendersi. Lo stesso tipo di fantasma pallido, dai capelli fibrosi e dalla pelle cadente che il cinema J-Horror ci ha insegnato a temere durante i primi anni (riferimenti a Ju-on di Shimizu e allo stesso Ringu di Nakata).
E’ qui che The Terror: Infamy non riesce a convincere con la stessa forza della precedente stagione. Difatti la serie si rivela efficace nell’analizzare il dramma derivante dai suoi personaggi, dalla famiglia, piuttosto che quello ricavato nel soprannaturale, verso il quale si decide di virare del tutto da metà stagione, perdendo totalmente il filo conduttore. Perché il vero orrore di The Terror: Infamy si sarebbe dovuto ricercare nei campi di internamento, nelle barriere sociali e culturali che si delineano e si fanno più sottili con l’incombente guerra, ma che purtroppo vengono ridotte a sotto-trame che si perdono nel vuoto.
Allo stesso modo, nonostante sia interessante il parallelismo tra la minoranza asiatica e quella latino americana visto attraverso il rapporto tra Luz e Chester, anche questo ci porta man mano fuori dall’esplorazione di una cultura e una società internata in un micro-sistema, i cui membri vengono additati come nemici e spie dallo stesso paese nel quale vivono e nel quale i giovani come Chester sono addirittura nativi.
The Terror: Infamy è una stagione sicuramente magnificamente curata e ben realizzata, eppure molto lontana dalla precedente. In quest’ultima, infatti, erano ugualmente presenti l’orrore e “il mostro”, ma venivano utilizzati perfettamente lungo la stagione per raccontarci dell’uomo, del mondo, della solitudine e della memoria, dello smembrarsi del corpo e della mente umana.
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