Motherless Brooklyn, la Recensione del film di Edward Norton

Il film di apertura dell'edizione 2019 della Festa del Cinema di Roma è Motherless Brooklyn: adattamento del romanzo omonimo di Jonathan Lethem, scritto, diretto e interpretato da Edward Norton. Ecco la nostra recensione.

Motherless Brooklyn di Edward Norton aprirà la Festa del Cinema di Roma
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La Festa del Cinema di Roma si è aperta giovedì 17 Ottobre con l’anteprima italiana dell’attesissimo film di Edward Norton: Motherless Brooklyn. Per Edward Norton non si tratta di un’opera prima, né un vero e proprio esordio dietro la macchina da presa. Eppure, per molti versi, è proprio come se lo fosse.

Era il lontano anno 2000 quando Edward Norton – astro nascente della cinematografia statunitense, reduce dall’incredibile successo di American History X e Fight Club di David Fincher – si dedicava a quella che per quasi vent’anni sarebbe rimasta la sua prima e unica prova da regista. Titolo del film era Tentazioni d’amore (Keeping faith): romantica commedia di ambientazione newyorkese, protagonisti un giovane prete cattolico e un improbabile rabbino, impegnati contendersi l’amore della stessa ragazza.

Con il nuovo millennio la carriera di Edward Norton conosce momenti altissimi (su tutti La 25ª ora di Spike Lee e Birdman di Iñárritu) e qualche battuta d’arresto. Ma quel romanzo di Jonathan Lethem, Brooklyn senza madre, edito nel 1999, per Edward Norton doveva essere adattato per il grande schermo. La sceneggiatura di Motherless Brooklyn ha occupato 10 anni della vita creativa di Edward Norton. Oggi, dopo la presentazione al New York Film Festival, questa sofferta operazione di riscrittura cinematografica arriva finalmente anche in Italia.

Motherless Brooklyn

Già dalla primissima sequenza, la sensazione è quella di un heavy deja-vù.

La struttura di Motherless Brooklyn, infatti, è progettata come una lunga, eclettica sessione d’improvvisazione jazz.

Impossibile non pensare immediatamente a The Old Man and The Gun: annunciato come l’ultimo film nella gloriosa carriera di Robert Redford, e presentato lo scorso anno proprio alla Festa del Cinema di Roma.

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Purtroppo, dovremo subito aggiungere che il film di Redford e David Lowery era una piccola, perfetta macchina a orologeria. Mentre, al contrario, la sofferta prova di Edward Norton con Motherless Brooklyn rappresenta una grandissima occasione mancata.

Motherless Brooklyn è un film che non manca di cuore, coraggio, ambizione. Il romanzo di Jonathan Lethem – che resta tra i capolavori dello scrittore originario di Brooklyn, insieme ad Amnesia Moon e La fortezza della solitudine – diventa oggetto di un complesso lavoro di traduzione cinematografica.

La sceneggiatura conserva così personaggi e atmosfere, ma resta un adattamento completamente libero. Il principale limte del film forse è proprio l’eccessiva stratificazione dell’operazione di riscrittura, che si distanzia dall’originale letterario e moltiplica i riferimenti cinematografici, ma soprattutto le implicazioni politiche e sociali.

Al centro della scena c’é Lionel Essrog (Edward Norton): detective privato affetto dalla sindrome di Tourette. Siamo nella New York degli anni ’50, la Grande Depressione e la Seconda Guerra Mondiale restano memoria recente e hanno lasciato aperte molte ferite.

Lionel è impiegato nell’agenzia investigativa di Frank Minna (Bruce Willis): suo amico e mentore fin dall’infanzia in orfanotrofio. Quando Frank viene ucciso in circostanze misteriose, l’agenzia passa alla direzione di Tony Vermonte (Bobby Cannavale). Contro ogni ragionevolezza, Lionel decide di indagare comunque sulla mo.

Completamente solo, tormentato da una malattia impossibile da gestire, inizia così il suo viaggio nel profondo delle periferie di Brooklyn. Un autentico mondo sommerso, dove criminalità organizzata e corruzione politica sono spesso le due facce della stessa medaglia.

Personaggio chiave di Motherless Brooklyn è Laura Rose (Gugu Mbatha-Raw): giovane attivista afro-americana che introduce Lionel alle notti sfrenate dei jazz club di Harlem. Ma la doppia faccia della politica e della corruzione è affidata a Paul Randolph (Willem Defoe) e suo fratello Moses Randolph (Alec Baldwin). Il primo, un ex architetto di successo ridotto irrimediabilmente a un alcoolizzato. Il secondo, vero uomo ombra dell’amministrazione newyorkese: speculatore edilizio, prevaricatore e criminale.

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Il risultato è un neo-noir che combina elementi pop e retrò.

Il film racconta la storia del noir americano, ma punta agli esempi più ironici, insoliti e sperimentali: Il lungo addio di Robert Altman, Dick Tracy di Warren Beatty, Chi ha incastrato Roger Rabbit? di Robert Zemeckis.

Memore della lezione di Robert Altman, Edward Norton sceglie il jazz come vero e proprio elemento narrativo. Le improvvisazioni di Wynton Marsalis e la colonna sonora di Daniel Pemberton si integrano con le musiche originali composte da Thom Yorke, tra cui il brano Daily Battles, realizzato con Flea.

Purtroppo, tanti elementi narrativi e drammaturgici, musicali e visivi, non trovano in Motherless Brooklyn il giusto equilibrio. E se il risultato doveva essere caotico ma sublime, il film risulta invece sfilacciato, discontinuo, tremendamente ripetitivo.

D’altra parte, Motherless Brooklyn è un film da 144 minuti: una durata veramente eccessiva, che denuncia una serie evidente di errori prima in fase di sceneggiatura, poi nella stessa regia di Edward Norton. Davvero un peccato, considerata la sua grande performance di attore, e la bravura di ogni singolo rappresentante del cast.

Il film sarà presento distribuito in Italia con il titolo Motherless Brooklyn – I segreti di una città. Per conoscere la data di uscita e tutte le altre novità in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, continuate a seguirci su LaScimmiaPensa.Com!