La nostra recensione di The Informer, il nuovo film di Andrea Di Stefano.
All’interno del panorama cinematografico italiano sembra essersi affermata una nuova tendenza. Sempre più registi, sia giovani esordienti che maturi, dirigono la propria attenzione verso il l’universo visivo hollywoodiano. Spesso questi registi producono i loro lungometraggi in Italia, riuscendo a convincere coraggiosi e lungimiranti produttori. Altre volte, purtroppo, decidono di emigrare.
È il caso di Andrea Di Stefano, già attore, che sbarcato ad Hollywood è riuscito a firmare ben due film. Il primo film, quello d’esordio è Escobar – Il fascino del male, con Benicio del Toro. Il secondo è The Informer, che uscirà nelle sale italiane il 17 ottobre distribuito da Adler Entertnainment.
Con The Informer Andrea Di Stefano dimostra che Stefano Sollima non è l’unico regista italiano capace gestire una produzione hollywoodiana, realizzando un thriller di genere efficace. Tratto dal romanzo best-seller svedese Tre secondi del duo di scrittori Roslund&Hellstrom, Di Stefano ne rimaneggia la sceneggiatura organizzando un racconto piuttosto compatto.
Il risultato è gradevole, nonostante una trama che attinge dal vastissimo panorama narrativo hollywoodiano. Il racconto si costruisce su tutta una serie di doppi giochi, tradimenti e inventiva Macgyveriana.
Questi si condensano in un thriller che si divide tra gangster movie e prison movie.Di Stefano si cimenta in un lavoro che sembra proiettarsi su due traiettorie parallele, in grado di mettere in risalto anche i personaggi secondari. Si crea così un microcosmo popolato da figure che lottano all’unisono per un obiettivo comune.
Pete Koslow è un ex militare statunitense, finisce per uccidere un uomo durante una rissa da bar. Dalla prigione finisce nelle grinfie dell’FBI, che vuole utilizzarlo come cavallo di Troia in un’indagine contro un boss mafioso polacco di New York. Dopo un colpo andato male, è costretto dal boss polacco a tornare in carcere, dove dovrà gestire per lui un traffico di droga.
Quando le cose peggiorano, però, sia il boss che l’FBI decidono di abbandonare il povero Koslow. L’ex soldato però non ha intenzione di arrendersi e con grande determinazione decide di lottare per la propria sopravvivenza, in un carcere dove le sue chance di sopravvivenza sono quasi pari a zero.
Di Stefano sceglie una regia sobria, senza particolari. Ciònonostante, emergono alcune scene interessanti d’impronta apparentemente autoriale. In momenti decisivi della storia, Di Stefano sembra concentrare l’occhio della telecamera sul disagio emotivo del protagonista, con fare quasi psicoanalitico, per farne emergere lo stato d’animo.
Sono momenti visivamente catartici, in cui, pur solo con l’uso delle immagini e dei suoni che si condensano, Di Stefano riesce a ricreare l’atmosfera, non solo del contesto, ma anche interiore del suo personaggio. Nonostante il budget non eccessivo, il regista riesce a dare a The Informer un taglio quasi d’autore ed europeo, con fare consapevole.