Ormai è un aneddoto risaputo: il personaggio interpretato da Aaron Paul sarebbe dovuto morire alla fine della prima stagione di Breaking Bad. Uno sciopero degli sceneggiatori si rivelò fatale quando, alla fine del 2007, costrinse la produzione ad accorciare l’esordio della serie. Così la prima stagione di Breaking Bad ebbe solo sette episodi: sufficienti per trasformare Jesse Pinkman, momentanea e peritura comparsa, in una presenza imprescindibile e determinante.
Ed è proprio lui il protagonista di El Camino, estrema propaggine di quella serie che lo voleva morto alle prime battute. Rovesciando qualsiasi aspettativa, Jesse Pinkman si è elevato dal suo ruolo di deuteragonista ad assoluta stella dell’ultimo spiro di una serie ormai storica. E se El Camino oggi esiste, ha un suo significato ed è un’opera a suo modo riuscita, è grazie alla caratterizzazione perfetta con la quale Jesse è stato dipinto nel corso di una saga lunga cinque stagioni.
Per analizzare la progressione del personaggio è indispensabile partire dal suo rapporto con Walter White
Suo professore di chimica prima; collega e alleato poi. E infine, acerrimo nemico. Il rapporto tra i due protagonisti è un’intensa parabola umana, in cui non riesce mai ad instaurarsi una dialettica padre-figlio: piuttosto, una hegeliana dicotomia servo-padrone. Il personaggio di Walt è l’archetipo del criminale narcisista, benché riesca a dichiararlo esplicitamente solo in un’ultima, sofferta confessione all’ex moglie. All the things that I did, you need to understand…I did it for me. I liked it, I was good at it. Nonostante questo non può prescindere del prezioso collaboratore. Di contro, è evidente quanto poco importasse all’uomo-Walt e al suo alter-ego criminale Heisenberg del suo allievo, e quanto di perverso ci fosse nella relazione tra Walt e Jesse, nel vortice di attrazione morbosa, magnetica, che ha trascinato entrambi all’inferno.
Considerando la traiettoria che lega Jesse Pinkman e Walter White dal loro primo incontro al loro doloroso commiato, si può osservare come entrambi giungano ad una piena realizzazione. Dal magma di caratteri in cui il professore di chimica vuole imparare l’arte del crimine e lo scanzonato tossicodipendente colleziona un fallimento dietro l’altro, emergono infine due maschere marchiate da un serrato percorso di de-formazione. E se Walt ne esce come epitome della banalità del male, Jesse Pinkman è il grande sconfitto di una guerra senza vincitori, dalla quale si eleva come ultima vittima, in tutto il suo mai celato candore.
In questa spirale a doppia elica intrecciata, nemmeno Jesse riesce mai a prescindere da Walt. Nonostante sia il responsabile diretto, o indiretto, dei suoi drammi peggiori, non si distacca dal suo patrigno se non nelle ultime sanguinolente fasi dell’epopea. Drammi che possiamo esemplificare nella morte di Jane, primo acme del percorso verso la tragedia. Mentre Walt varca il passaggio dall’uomo pusillanime al suo diabolico doppelgänger, Jesse non fa mistero della sua tenerezza e della sua sensibilità. E l’amore incondizionato che lo lega a Jane, ancora, esemplifica la sua purezza.
Ma dalla relazione con Jane risulta evidente un altro lato fondamentale del carattere di Jesse
L’amore totale per Jane ha comunque il suo lato malato. Nel sentimento che lo lega alla ragazza, Jesse Pinkman raschia il fondo delle sue dipendenze. Questo amore tossico in cui il ragazzo scopre l’eroina è uno snodo fondamentale della trama, anche perché capace di mostrare pienamente l’insicurezza e l’assenza di spirito critico che caratterizza Jesse. La sua bontà d’animo è il risvolto positivo di un’ingenuità che lo porta spesso a commettere errori, a non riuscirsi a realizzare in niente.
E Walt conosce bene questo punto debole del ragazzo, sapendo di poter colpire proprio lì per disperare le sue insicurezze. Aumenta così quella distanza incolmabile, che spinge Jesse a cercare un’altra figura paterna, e a trovarla in Mike. Nell’ex poliziotto identifica un modello e un’ispirazione che sembrano poter invertire la traiettoria che conduce all’auto-distruzione. Ma la follia di Walt fagocita ogni cosa, incluso Mike, e come il cancro divora i suoi polmoni, lui stesso distrugge chiunque sia sul suo cammino. Così per Jane, per l’avvelenamento del piccolo Brock e per la morte di Mike.
Quando tutto è distrutto, si può ricostruire
Se indubbiamente Walt è il protagonista di un viaggio verso le pieghe nere dell’animo, Jesse Pinkman è il catalizzatore tragico di tutta la vicenda. Un fanciullo nietzschiano che riceve il compito di ripartire da zero dopo la catastrofe. La morte di Heisenberg è la liberazione dello spirito ingabbiato di un personaggio la cui storia è un dramma senza possibilità di remissione, in cui ha pagato continuamente lo scotto della sua innocenza. Riemergendo letteralmente dall’abisso della sua prigionia, Breaking Bad termina con l’urlo liberatorio di Jesse Pinkman.
SPOILER ALERT EL CAMINO
Ed è da quell’urlo che riparte El Camino, vera e propria appendice di un romanzo di formazione. Il prologo apre il film con la figura amorevole e protettiva di Mike. Il suo consiglio, tra il ricordo, la visione e il delirio, diventa il lume che indica la soluzione, posta come obiettivo finale: l’ultima strada di Jesse è quella verso l’oblio, il tentativo estremo di tirarsi fuori dalla storia per poter davvero ricominciare da capo.
Per ripartire bisogna tornare al principio, guardarsi indietro fino al punto in cui la prospettiva del tempo fa convergere ogni direzione. E per fare questo non può che rivolgersi al suo amico Skinny Pete, con il quale il crimine era ancora un gioco da imberbi: una vera e propria ripartenza. Ed è proprio quest’ultimo a riconoscere esplicitamente in Jesse la statura dell’eroe.
Da questo punto in poi Jesse accelera il suo cambiamento
I continui flashback si rivolgono principalmente al suo contraddittorio rapporto con Todd. Con il suo aguzzino visse la massima espressione di una subordinazione dalla quale non è mai riuscito ad emanciparsi, analogamente alla relazione con Walt. Anche al presentarsi dell’occasione per liberarsi del suo padrone, quando trova una pistola e Todd disarmato, vince la codardia e la remissività di un ragazzo totalmente svilito dal suo passato.
Il montaggio analogico che ci riporta nel presente di fronte ad una situazione analoga mostra di nuovo l’ingenuità di Jesse: non riconosce l’uomo che lo ingabbiò dietro la finta divisa di poliziotto, cedendo alla sua minaccia armata. Da qui inizia un ultimo, serrato percorso di vendetta e redenzione. La sequenza western in cui finalmente riesce a sbarazzarsi dei suoi nemici non porta però all’incoronazione di Jesse come nuovo principe del crimine; è semplicemente una dovuta resa dei conti con il passato.
La vera ricomposizione dell’equilibrio è quella che vede Jesse diretto verso una nuova vita. Avendo finalmente la possibilità di perseguire il consiglio del suo mentore, il film decide di chiudere con un’inquadratura simile a quella con cui si apre, nel brutale stacco che raccorda l’idillica sequenza con Mike alla fuga di Jesse sulla El Camino. Stavolta però il volto del protagonista è finalmente disteso, sereno. Sarà per questo che gli ultimi flashback si rivolgono proprio a Walt e Jane. Con la maturità di poter ricordare con tenerezza il suo mefistofelico collega, e con la quieta accettazione di un passato finito dal quale, finalmente, si congeda.