Strofe – Imagine, l’utopia di John Lennon

Imagine
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Imagine the clouds dripping, dig a hole in your garden to put them in.

Così recita Cloud Piece, l’antesignano storico della ballad per eccellenza, da molti considerata tra i più bei brani della storia. Imagine è il capolavoro di John Lennon, e senza dubbio la vetta della sua carriera solistica avviata dopo lo scioglimento dei Beatles. E la poesia che tanto ispirò Lennon è di Yoko Ono, ad un tempo presunta causa della rottura della band ed insostituibile musa del cantante.

Lo stile di vita naiv che la coppia adottò risuona nelle note di Imagine. Il loro sogno universale di pace si regge su poche note, su un’intonazione quasi cantilenante. È la poesia del testo la protagonista di questo piccolo gioiello, che si fa reale portavoce di quella critica serrata alla violenza e alla guerra innalzata dai due a missione di vita.

Imagine there’s no heaven.

Non c’è paradiso, non c’è inferno. Solo il cielo sopra di noi. La prima operazione di Imagine è quella di de-costruire la pace, spogliandola di ogni connotato religioso. La fede è esclusa dal suo progetto umanitario, come viene esplicitamente dichiarato quasi alla fine del brano:

Nothing to kill or die for
And no religion, too

Niente per cui uccidere o per cui morire, e nemmeno alcuna religione

Lennon non ci spiega la sua visione, ma ci dice cosa non è. Elimina progressivamente tutto ciò che per lui rappresenta un ostacolo alla realizzazione della sua utopia. Disegna per sottrazione la sua laicissima idea di pace, solo immaginata, solo pensata, puntando ad un’espressione più universale ed incondizionata possibile di questo valore.

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Il suo bersaglio principale è l’idea del possesso, in senso capitalistico. Il motore della conquista, della brama di dominio, è la radice di tutto il male. Una critica talmente mirata da porsi all’antipode della salvezza religiosa. Ciò che emerge è una sorta di socialismo umanitario, in senso pascoliano o leopardiano.

Imagine no possessions
I wonder if you can
No need for greed or hunger
A brotherhood of men

Immagina che non ci sia il possesso, mi chiedo se tu ci riesca
Nessun bisogno di avidità o ingordigia
Solo la fraternità degli uomini

Il possesso in senso individualista, che crea le nazioni, che divide gli uomini. Il coronamento di Imagine è la speranza che gli uomini possano un giorno condividere tutto il mondo.

L’annullamento dell’idea di proprietà privata si sposa perfettamente con gli ideali abbracciati da Lennon e Yoko Ono.

D’altronde la loro contestazione è da inquadrare nelle rivolte del volgere degli anni ’60. L’assurdità della guerra in Vietnam era il bersaglio prediletto della controcultura studentesca, della quale Lennon e la sua compagna si resero candide personificazioni, al grido di All are we saying is: give peace a chance.

Imagine quindi rappresenta l’espressione più completa di un messaggio di portata vastissima. Pur essendo una tappa fondamentale del percorso da solista di John Lennon, risente inevitabilmente dello stile dei Beatles. È evidente tanto nell’allitterazione della stessa parola all’inizio di ogni strofa, stilema che ritroviamo in tantissimi brani da Hey Jude a Yesterday, quanto nella scrittura pianistica. Lennon perviene però ad un minimalismo musicale talmente puro e limpido da creare un miracoloso contrasto con la strofa che funge da refrain. Cambiando tonalità e complicando il ritmo armonico riesce ad amplificarne la bellezza. Si abbandona così alla consapevolezza di essere scambiato per un ingenuo sognatore, nutrendo insieme la lucida speranza che un giorno queste idee di pace siano da ispirazione per un’umanità più giusta.

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You may say I’m a dreamer
But I’m not the only one
I hope someday you’ll join us
And the world will live as one

Potresti dire che sono un sognatore
Ma non sono il solo
Spero che un giorno tu ti unisca a noi
E il mondo sarà una cosa sola

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