Parlare della trap italiana è sempre così contestabile, così problematico. E la situazione diventa ancora più delicata quando si deve tentare di elencarne i prodotti più validi. Si riesce unicamente ad attirare l’ira dei più, amanti o meno del genere, che si scagliano sotto i post con il solo intento di creare una polemica sterile e poco costruttiva, fatta di insulti, di “Sfera è meglio di Capo Plaza” o di “questa non è musica, ricominciate a parlare solamente di rock”.
Cercando di evitare inutili diatribe, si è deciso di stilare solamente una lista di quelli che sono gli album fondamentali per l’evoluzione della trap italiana. Non le produzioni più belle, ma quelle più significative. In poche parole, le pietre miliari che hanno segnato l’evoluzione di un genere.
Sfera Ebbasta, XDVR (2015)
È stato Sfera Ebbasta colui che ha portato per primo la trap in Italia. Una realtà assoldata, una realtà sostenuta dai più. Pietra miliare della declinazione italiana del sound in questione, XDVR (un “per davvero” scritto in un modo un po’ più pacchiano) può essere considerato come l’anno zero del genere trap, un genere che, nel territorio nostrano, non aveva ancora avuto la fortuna di trovare il suo terreno fertile. Uscito per un’etichetta indipendente nel 2015 e poi accolto tra le braccia amorevoli di Roccia Music, il mixtape composto da Sfera a quattro mani con Charlie Charles rappresenta un accesso ad un universo che si presentava come un percorso parallelo rispetto alla scena a cui il rap più canonico ci aveva abituati.
Grazie alla ripetitività catchy delle melodie e la desolazione nell’hinterland milanese su cui la produzione musicale è stata fondata, la trap italiana è senza ombra di dubbio esplosa con XDVR, palesandosi in tutte le sue potenzialità e uccidendo “il rap con la Sprite e l’autotune”.
Tedua, Orange County Mixtape (2016)
Forse è proprio con Orange County Mixtape che il linguaggio del rap game italiano cambia definitivamente, trasformandosi in un’espressione musicale fresca ed essenziale.
La sua radicale decisione di non seguire il tempo (o, meglio, di seguirlo in modo un po’ strano) raggiunge l’apice dell’anormalità fino ad essere completamente disintegrato: con l’album in questione, infatti, Tedua ripropone quello che è stato da tutti riconosciuto come il suo tratto peculiare in un modo così ripetitivo e potente da scandalizzare gli ascoltatori più affezionati al rap classico.
Muovendosi tra le periferie liguri e l’hinterland milanese attraverso rime elaborate e incastri ricercati, attraverso melodie che oscillano tra ritmicità e introspettività, il rapper partorisce un prodotto musicale autobiografico e coerente, brutale e al contempo armonico, totalmente privo di sbavature.
Achille Lauro, Ragazzi Madre (2016)
Ragazzi Madre si distingue da tutto ciò che è stato prodotto dalla musica italiana: più melodico rispetto al precedente Dio C’è, interessante reinterpretazione dell’elettronica secondo il punto di vista della trap, il secondo disco ufficiale di Achille Lauro è stato capace di proporre alla scena italiana un’estetica completamente indipendente e rivoluzionaria, dando vita ad un racconto che, se frequentato con quelli narrati dai suoi colleghi, brilla come un diamante tra i cristalli, risultando più credibile, più vero.
Achille Lauro, quindi, si riconferma essere qualcosa di diverso e nuovo rispetto al resto dei trapper: personalità poliedrica in continua evoluzione, il cantante romano si presenta senza ombra di dubbio come il personaggio più eccentrico della scena.
Tutto è inghiottito da un’ossessionante disillusione, non c’è alcuno spazio per la mera auto-celebrazione. La droga, la brama di ricchezza e di agio, i crimini: in Ragazzi Madre, ogni singolo elemento caratteristico della trap è presente. Ma interpretato con uno sguardo inedito.
Dark Polo Gang, The Dark Album / Succo di Zenzero / Crack Musica (2016)
La Dark Polo Gang si è trasformata nel fenomeno musicale che ha più indignato l’Italia semplicemente perché, al contempo, era il fenomeno musicale più difficile da comprendere in Italia.
Nata da un copia e incolla della trap americana, alla quale avevano semplicemente italianizzato lo slang e l’immaginario, la prima Dark Polo Gang si è imposta sul panorama della musica italiana senza nemmeno impegnarsi: grazie al loro peculiare linguaggio alieno, con il rapido passare del tempo, il gruppo di Roma ha costruito un impero fondato unicamente sul carisma dei loro membri. E questo non perché non fossero bravi nel loro rappare senza chiudere le rime (solamente ascoltando i primi minuti dei tre album soprannominati, ci si rende conto di quanto i quattro ci sappiano fare con la trap, chi più e chi meno), ma solo perché la gente si è concentrata unicamente sul loro essere cool.
Nonostante possa irritare, il mondo finto e terribilmente calcolato della Dark Polo Gang, immerso in un mare di pellicce e diamanti, ha cambiato per sempre il nostro modo di percepire la scena nostrana. Perché non ammetterlo?
Sfera Ebbasta, Sfera Ebbasta (2016)
Pubblicare il proprio primo album con una major (in questo caso, con Universal) non è mai semplice. È sicuramente difficile sostenere e superare le diverse pressioni provenienti dall’industria e, purtroppo, spesso ci si perde e ci si trasforma in qualcosa a cui non si assomiglia con l’unico scopo di accontentare ogni singola aspettativa proveniente dall’alto. Nonostante tutte le previsioni, però, con il suo omonimo disco, Sfera Ebbasta riesce a sopravvivere in questo percorso di crescente fama senza restarne condizionato: il suo stile musicale ha mantenuto la sua genuinità e la sua freschezza, il suo sound è lo stesso. Evoluto, certo, ma pur sempre coerente.
I caratteri principali restano, infatti, invariati: lo storytelling di Sfera Ebbasta è quello che aveva precedentemente definito il fortunato XDVR e l’immaginario delle periferie milanesi sono sempre presenti, così come la ritmicità delle basi. Tre caratteristiche accompagnate da una consapevolezza maggiore rispetto a quella dell’album precedente e dalla coraggiosa volontà di strutturare e di irrobustire un immaginario che, dopo essere stato preso in prestito oltreoceano, inizia a sviluppare una sua declinazione italiana.
Di nuovo attraverso la persona di Sfera, la trap è diventata ora espressione di una tendenza musicale che, dopo il suo boom, è riuscita a salvarsi, evolvendosi rapidamente dall’essere semplice novità sonora a rappresentare un genere ormai mainstream.
Ketama126, Rehab (2018)
Abbiamo parlato di come le influenze che la musica latina attraverso la ricerca di Achille Lauro siano riuscire a far evolvere la trap, così come degli effetti che il pop ha avuto sul percorso artistico di Sfera Ebbasta. Ora non ci resta che dare una rapida occhiata all’ultimo ibrido sviluppatosi a partire dal nucleo trap: l’ibrido che trova le sue radici nelle sonorità del rock più puro.
Prima di 1969, il più recente album del sopracitato Achille Lauro, la trap era già stata combinata al rivoluzionario sound associato alla seconda metà degli anni Sessanta grazie all’ultima e interessante produzione musicale di Ketama126, conosciuta con il titolo di Rehab. Personaggio controverso che riesce a conquistare il pubblico con la sua attitudine fuori dagli schemi, il producer e rapper romano ha declinato il sesso, droga e rock & roll in chiave trap, conciliando le strumentali caratteristiche della trap e le influenze esplicitamente derivanti dal rock.
Riversando nella sua musica tutta la sua personalità, Ketama126 ha dato origine ad un disco sincero e, per questo, sporco. È quasi come se i suoi testi, composti da parole capaci di proiettare tutto lo schifo in cui le nostre esistenze sono immerse, fossero così veri da generare ribrezzo. Composto solamente da otto potentissimi pezzi, Rehab è, in poche parole, seduzione e distruzione, attrazione e repulsione.
Sfera Ebbasta, Rockstar (2018)
Un album frivolo e superficiale dove non si fa altro che parlare di blunt, bottigliette di Sprite (che hanno ucciso il rap, come già citato precedentemente) e provocanti ragazze in baby doll.
Oltre ad essere il primo prodotto italiano trap dall’essenza puramente pop, Rockstar si manifesta come un punto di non-ritorno in cui viene palesata la volontà di ripudiare tutto ciò che è stata la trap di Sfera Ebbasta, dove viene eliminata ogni volontà di esplorare la problematica realtà da cui l’artista proveniva e di cui l’artista aveva da sempre cantato. La tanta desiderata realizzazione di un sogno terribilmente simile a quello americano è finalmente giunta, portando con sé risultati inaspettati e fin troppo deludenti.
La trap giunge al suo stadio successivo sempre con la musica di Sfera Ebbasta: per l’ennesima volta il trapper milanese rivoluziona il panorama di cui è stato creatore, trasformando definitivamente il proprio genere in puro pop.
Oltre agli album sopracitati, è necessario menzionare altre produzioni musicali quali: Trinità (2017) di Guè Pequeno. Album (2017) di Ghali. Bimbi (2017) di Charlie Charles, con il quale si stabilisce la vitale importanza della figura del producer nella trap italiana.