Un tuffo nel passato con lo sguardo verso il futuro, e viceversa: El Camino si guarda continuamente indietro, costretto a misurarsi con la titanica importanza della serie della quale rappresenta un ultimo afflato.
Il film di Breaking Bad, El Camino, è finalmente su Netflix, ecco la nostra recensione
Lo storico francese Fernand Braudel parlava di tre dimensioni del tempo storico. La narrazione degli avvenimenti passati, ovvero la cronaca; la scienza delle brevi durate, che permette di confrontarci con il passato recente; la genealogia delle lunghe durate, che indaga le cause profonde e remote. Un’interpretazione pluralista del passato, che assume diversi significati. Oggi parlare di Breaking Bad significa parlare del passato, della storia della televisione. Quando il Pilot andò in onda nell’ormai lontano 2008, Lost non era ancora sul viale del tramonto, Netflix era in procinto di avviare la propria multi-milionaria scalata e le sue serie TV erano appena nelle fantasie degli sceneggiatori. E Breaking Bad è un tassello determinante della genesi della moderna serie TV, avendo marchiato a fuoco paradigmi narrativi diventati insuperati metri di confronto. El Camino non può quindi che relazionarsi con questo passato.
In realtà, il passato è una presenza perpetua nel film, una costante fulgida e imprescindibile. Così, Vince Gilligan decide di annullare le brevi durate che ci separano da Felina, come se sei anni non fossero mai passati dal sipario calato sulla storia di Walter White. E ripartendo esattamente dal liberatorio ed isterico pianto di Jesse Pinkman in fuga dalla scena del massacro, El Camino diventa la scelta di una strada. L’indeterminato avvenire di Jesse trova finalmente una risoluzione.
El Camino mette al centro dell’opera il deuteragonista della serie.
Better Call Saulha permesso a Vince Gilligan di ampliare l’universo di Breaking Bad, creando i meravigliosi retroscena di personaggi emblematici come Saul Goodman e Mike Ehrmentraut. Questo ibrido tra spin-off e prequel è stata una gradita conferma del talento che si cela dietro quest’opera. Per El Camino cambiano completamente i parametri. Per la prima volta infatti il creatore di Breaking Bad si è cimentato con la forma puramente cinematografica, abbracciandone con consapevolezza i limiti naturali. La proliferazione di sotto-trame e dettagli, tutti fatalmente convergenti, è uno dei più grandi punti di forza delle due serie. In El Camino l’autore riesce invece a condensare in una perfetta unità di tempo e di azione l’appendice del cammino di Jesse. Ed è lui l’ovvio fulcro della storia, riportato in scena da un Aaron Paul in pieno stato di grazia, capace da solo di sorreggere l’intero film.
L’autore quindi non fa fantasticare su eventuali sviluppi seriali del soggetto, ne fa rimpiangere alcuna di queste alternative. Pur muovendosi, con agilità, in un campo inesplorato, Gilligan ci fa sentire a casa e non rinuncia ai suoi stilemi; basta citare i numerosi time-lapse, indubbia cifra stilistica della sua poetica. Li riesce però a declinare alle esigenze dell’oggetto filmico, dimostrandosi capace di destreggiarsi tra diversi generi: nell’ottima conduzione del thriller spesso il film si tinge di noir e sfiora persino il western, apportandovi il suo personalissimo contributo.
Mentre il tempo della narrazione scorre inesorabile e lineare, i molteplici inserti in flashback sono l’elemento notevole di El Camino. Al grado zero, rappresentano il passato del protagonista, con il quale quest’ultimo è continuamente costretto a misurarsi e del quale la sua fine è naturale conseguenza. Un passato estremamente presente, ma fatto di assenze, di vuoti e mancanze. Da un punto di vista meta-filmico, sono lo spettro di quell’eredità essenziale che rappresenta Breaking Bad, e che El Camino in un certo senso cerca di prolungare e proiettare fino ad oggi.
Pur rivolgendosi ovviamente al cuore degli affezionati, e riuscendo a fare centro in quello dei più nostalgici, El Camino ha sicuramente il grande pregio di non essere un prodotto puramente fan based. Ed è un film che spicca sicuramente in una catena di produzioni dalla qualità altalenante come quella di Netflix, che a capolavori come Romao Marriage Story alterna lavori di qualità piuttosto mediocre.
Il cammino di Jesse, più di vendetta che di redenzione, conduce ad una conclusione che lascia nuovamente aperto quel sipario che non si era chiuso sei anni fa. Allora, di nuovo, l’autore parla attraverso la sua opera, dell’oblio e del ricordo. E questo El Camino sembra essere davvero l’ultimo afflato di una delle più autorevoli voci del genere seriale. L’essere contemporaneamente auto-conclusivo senza porre un reale punto fermo crea il ponte perfetto per far continuare a vivere Breaking Bad. Il passato, ad un tempo vicino e lontano, respira attraverso questo film.
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