The Beatles: l’icona di Abbey Road supera il tempo [RECENSIONE]

"Alla fine l’amore che ricevi è uguale all'amore che dai"

Abbey Road
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La fine di un percorso che rimarrà per sempre nella storia.

I Beatles erano all’apice del successo ma anche a un punto di rottura senza ritorno. Il famigerato White Album aveva riscosso molto successo, come c’era chiaramente da aspettarsi, ma portò i Fab Four sempre più verso progetti solisti e interminabili litigi. C’era però l’intenzione di chiudere in bellezza, tornare di nuovo insieme su un palco e incidere l’ultimo epocale disco. L’idea di Paul McCartney era quella di tornare in studio di registrazione tutti insieme, come ai vecchi tempi, e di registrare il tutto sotto forma di documentario. Era il primo passo verso Abbey Road.

Con questi presupposti Macca pensò che, avendo le telecamere puntate addosso come una sorta di Grande Fratello, i 4 avrebbero lavorato in modo più pulito e senza litigi. Chiaramente non fu così e la tensione arrivò all’esasperazione. Il progetto Get Back naufragò, pur regalandoci il leggendario live sul tetto della Apple, il famoso Rooftop concert. Dalle sue ceneri nacque prima Abbey Road e poi Let It Be (pubblicato dopo lo scioglimento della band).

Una divisione mai stata così unita.

L’album è il risultato di un vero e proprio miracolo. Il primo giorno di registrazioni solo McCartney si presentò in studio. Incise più e più volte la parte vocale di Oh! Darling in modo da dare la giusta potenza alle sezioni più graffianti. Il disco però non avanzava e nella prima fase furono registrate solamente Oh! Darling, You Never Give Me Your Money di Macca e Octopus’s Garden di Ringo Starr. I restanti Beatles John Lennon e George Harrison erano decisamente distaccati ed entrambi molto presi da progetti esterni alla band.

Furono infatti pochi i momenti in cui erano tutti e 4 presenti. George Martin, storico produttore della band, si offrì di collaborare alla sola condizione di non trovarsi di fronte a litigi o screzi. Il miglior modo infatti fu quello di lavorare a stretto contatto il minor tempo possibile. Recuperando buona parte del materiale registrato per Get Back, Abbey Road stava iniziando a prendere veramente forma. L’apporto di Lennon, che inizialmente fu ostico riguardo diverse scelte, fu chiaramente essenziale.

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Paul McCartney sembrava l’unico veramente legato alla band e ai problemi della Apple e stava mettendo tutto se stesso nel disco. George Harrison era più in forma che mai e inserì 2 tra i suoi brani più belli e tra i migliori dell’intera discografia dei Beatles: Something e Here Comes the Sun. Ringo Starr ebbe l’onore di poter registrare il suo primo solo di batteria con The End e comporre Octopus’s Garden (ispirata ai polpi della Sardegna). John Lennon firmò l’apertura Come Together e I Want You (She’s so Heavy).

Due entità distinte dentro Abbey Road.

Se la prima parte ricalca il passato dei Fab Four, inserendo singoli da classifica partendo dalla penna di uno dei membri, la seconda parte è del tutto inedita nella discografia dei Beatles. L’idea fu di McCartney e appoggiata da Martin. Lennon invece si dichiarò estremamente contrariato al pensiero di un Medley e di contro avrebbe voluto un Lato A tutto suo e un B lasciato a McCartney. Dovette però desistere e si dedicò alla realizzazione del famigerato Medley. Diversamente dal passato infatti, tutte le canzoni da Because in poi sono strettamente legate tra loro e inserite in assoluta continuità.

La disomogeneità della prima parte si perde completamente e il disco regala una struttura del tutto nuova. Niente singoli da classifica ma una concatenazione tra i brani che non può essere scissa dall’insieme. La composizione raggiunge la perfezione con un Harrison in vero stato di grazia che riesce a inserire parti di chitarra omogenei e sempre ben in evidenza. Si passa da You Never Give Me Your Money con la sua impostazione più progressive, dove all’interno si possono trovare 3 sezioni ben distinte con altrettante parti vocali completamente diverse tra loro. Sun King è psichedelica e sconclusionata con una parte finale cantata in spagnolo e qualche parola in italiano. Mean Mr Mustard, Polythene Pam e She Come in Through The Bathroom Window ricordano le vecchie composizioni della band e ci portano verso la chiusura del disco con le ipnotiche Golden Slumbers e Carry the Weight. La mano di George Martin si fa qui più presente e l’orchestra dona ai due brani una progressione devastante.

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La fine di un’era.

The End segna la fine dei Beatles e lo fa in grande stile. Probabilmente al suo interno troviamo la frase più bella scritta dai 4.

And in the end
The love you take
Is equal to the love you make
.”

Lennon la definì cosmica e filosofica. In parte poteva avere ragione. In poche righe riesce a definire un mondo senza tante complicazioni. All’interno di Abbey Road ci sono altri momenti memorabili. I Want You (She’s so Heavy) è tra i brani più lunghi e progressive della band mentre Because è una vera e propria opera d’arte. Nasce da Al Chiaro di Luna di Beethoven. Lennon invertì l’arpeggio e ottenne una delle canzoni più belle e complesse della band. Menzione speciale a Maxwell’s Silver Hammer, l’assurda canzone che vi abbiamo raccontato in questo articolo. Ultima ma non ultima, l’iconica copertina del disco. L’album doveva chiamarsi Everest, tributo al nome delle sigarette fumate dal tecnico Geoff Emerick. L’idea era di portare i Fab Four in Tibet per una foto di fronte all’imponente monte. Il tutto fu bocciato dalla maggior parte della band e Ringo Starr propose una soluzione del tutto opposta. Invece di andare dall’altra parte del mondo, perché non fare una foto proprio di fronte lo studio in Abbey Road? È proprio così che nacque una delle copertine più famose della storia della musica.

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