Liam è protagonista di un altro piccolo gioiello musicale, costruito ad hoc.
Why Me? Why Not., l’ultimo album di Liam Gallagher, porta a compimento un’operazione già annunciata: chiamare a raccolta tutti i vecchi fan degli Oasis con un disco che presenta i suoni “di una volta”. Il target: la Generazione X e i Millennials più adulti, che con gli Oasis ci sono cresciuti, a cavallo tra anni ’90 e ’00. E infatti questo album suona come un perfetto lavoro britpop prodotto nel 1997, con giusto una buona quantità di orchestrazioni in più.
Il merito della riuscita dell’operazione va soprattutto ai collaboratori chiamati da Liam per cucire su di lui questo lavoro su misura: Andrew Wyatt dei Miike Snow, e Greg Kurstin. Quest’ultimo è uno dei più importanti produttori pop/rock contemporanei, e a lui si deve il pieno rilancio delle carriere di Foo Fighters (in Concrete and Gold, 2017) e Beck (in Colors, 2017). Ha lavorato con moltissimi artisti, e tanto per darvi un’idea, è lui che ha prodotto Chandelier di Sia, una delle canzoni più famose del decennio.
“You’ve played the game one too many times You’re gonna burn until you behave”
Sia Wyatt che Kurstin erano già comparsi nell’album precedente di Liam Gallagher, As You Were (2017), altro lavoro riuscito quasi esclusivamente grazie al loro intervento. Qui compaiono entrambi, assieme ad altri collaboratori ancora, come co-autori alternativamente di tutte le tracce, tranne un paio. In altre parole: Liam Gallagher non ha scritto queste canzoni da solo, e se i produttori figurano anche come co-autori è improbabile che si siano occupati solo dell’arrangiamento.
Direte: perché soffermarsi su questo aspetto? Perché è importante capire quanto ci sia in questo disco di operazione studiata, rivolta ad un pubblico specifico, e costruita sulla personalità ingombrante ed aggressiva dell’artista. Personalità che, come ben sappiamo, volentieri torna utile negli sfoghi verso Noel Gallagher, i quali naturalmente poi si traducono in strumenti pubblicitari di auto-promozione.
“You said we’d live forever End up at the beginning”
Insomma, chi crede che Liam Gallagher sia l’ultimo grande artista del rock and roll (anziché guardare altrove, agli artisti nuovi), dovrebbe prima smontare tutta l’impalcatura che sostiene questo seppur ottimo disco. Perché Why Me? Why Not. è naturalmente una perla, e studiata per essere tale. Alcune canzoni, come Once e Meadow riescono a far emergere il lato sensibile del cantante. Altre, soprattutto Shockwave e Halo, la migliore del disco, sono dei pezzi rock potenti con le tanto agognate schitarrate.
Nel complesso, nulla di veramente nuovo; ma ci chiediamo se il fan medio di Liam Gallagher voglia davvero sentire qualcosa di nuovo: come reagirebbe se Liam facesse un pezzo pop elettronico come il fratello? Non bene, probabilmente. E questo Liam lo sa, e lo sanno i suoi produttori. Ecco perché Why Me? Why Not. è un disco perfetto, edificato su uno stile preciso, che è quello britpop, aggiungendo un buon fattore nostalgia e contornando il tutto con la reiterazione ideologica del rock and roll, lo ripetiamo, “di una volta”.
Perciò è superfluo domandarsi se questo disco sia “bello” o “brutto”: è bello per coloro per i quali deve, e vuole, essere bello. Sforzandosi di giudicarlo oggettivamente, al di là della questione produttiva, funziona nel proseguire la tradizione degli Oasis, ma non si spinge molto più in là. Per certi versi è un album crepuscolare di un artista crepuscolare, che si muove completamente fuori dal tempo assieme ai suoi fan, e che ancora annuncia l’eterno ritorno del rock com’era vent’anni fa.