Il buon doppiatore deve rinunciare all’idea di interpretare il ruolo che gli viene affidato, perché è già stato recitato da un altro. Il suo compito è, invece, quello di andare il più vicino possibile all’interpretazione dell’attore cui dà la voce… Obiettivo del doppiatore è capire quello che l’attore ha voluto dire, in qualunque lingua l’abbia fatto. Bisogna porsi al suo servizio (Ferruccio Amendola)
Appare superfluo ribadire l’importanza e la grandezza di Ferruccio Amendola. Le parole appaiono riduttive nel descrivere un qualcosa che invece si sente, si vive. La sua voce rimbomba nelle teste di chi lo ha ascoltato per una vita; teste che valicano i confini generazionali. Amendola appartiene a tutti quelli che amano il cinema e il doppiaggio e tale mezzo espressivo ha fatto in modo che anche i più piccini sappiano chi sia il doppiatore di Sylvester Stallone, Robert De Niro, Dustin Hoffman e tanti altri. Anche ora, a chi scrive queste poche righe, ogni parola fuoriesce con quella voce pastosa, immortale. Il tutto intervallato da un sacrosanto “vaffanculo!”, parolaccia che con Amendola ha assunto tutt’altro spessore.
La scuola del doppiaggio italiano, come molti di voi sapranno, è un’eccellenza del campo; così profonda è stata l’influenza di Amendola e dei suoi colleghi da far scivolare questa spesso denigrata professione in una piccola grande arte. Ferruccio ha contribuito a una “rivoluzione” che ancora oggi nel mondo ci invidiano. Ha donato, lui più di tutti, un’anima per così dire “elastica” al doppiaggio, l’ha liberata dai troppi obblighi verso un tipo di dizione e da una impostazione esclusivamente teatrale (i doppiatori hanno smesso di parlare fiorentino come qualche tempo fa). Basti pensare alla coraggiosa scelta di dare un accento napoletano alla meravigliosa performance di Dustin Hoffman in Un uomo da marciapiede: Me so’bagnat, me so bagnat e’calzon e pur’ il sedile.
Dopo quel giorno io potevo doppiare anche le donne, diventai “Ferruccio Amendola” il giorno dopo. La leggenda era nata, il resto è storia.
Concludiamo questo piccolissimo e umile omaggio con una riflessione: probabilmente il più grande desiderio di un doppiatore è quello di essere riconosciuto per il suo lavoro dagli attori a cui presta la voce. Non capita così spesso come si possa pensare —non tutti gli artisti stranieri curano le versioni estere (i registi) o si riascoltano in altre lingue (gli attori)— è un onore riservato a pochi e Amendola fa parte di questa illustre schiera. A volte l’incontro sembra far intuire una certa irritazione, come quando Dustin Hoffman salutando fugacemente disse al Nostro: Signor Amendola, lei è in gamba, ma si ricordi che Dustin Hoffman sono io!
Altre, invece, il riconoscimento è commovente e meraviglioso:
Il segreto della mia voce inconfondibile? Fumo 40 sigarette al giorno, gioco a tennis e dopo la doccia non mi asciugo i capelli. (Ferruccio Amendola)