Venezia 76: la Recensione del Joker di Todd Phillips e Joaquin Phoenix
Con l’anteprima mondiale di Joker a Venezia 76 Joaquin Phoenix e il regista Todd Philips scrivono la Storia del Cinema, riscrivendo il confine tra cinecomic e cinema d’autore.
Alla fine il grande giorno è arrivato. Con la mattina di sabato 31 Agosto il film più atteso di Venezia 76 si presenta in tutta la sua sconvolgete intensità. Joker di Todd Phillips (stasera alle 21.22 su Canale 5), l’origin story dedicata al più celebre villain di sempre, interpretato questa volta da Joaquin Phoenix, è tutto quello che avevamo immaginato, e perfino oltre.
Da mesi si rincorrevano rumors e anticipazioni, si moltiplicavano speculazioni, illazioni e le più fantasiose disamine di teaser e trailer. Ma senza tergiversare oltre, possiamo affermare subito, con la serenità di una constatazione oggettiva, che l’anteprima mondiale di Joker rappresenta un fatto storico.
Un’orda di detrattori e ammiratori, schierati in opposte fazioni, attendeva letteralmente al varco il Joker di Todd Phillips e Joaquin Phoenix. Il primo film dedicato interamente al personaggio che è l’epitome del “chaotic evil”: icona che attraversa la cultura contemporanea in modo trasversale, dagli albi a fumetti al grande schermo, per imprimersi nell’immaginario collettivo come un marchio a fuoco.
Mutaforme per natura, nella percezione del regista Joker non è altro che un nuovo Amleto, o magari un nuovo Edipo. Anti-eroe dalla statura tragica, che della tragedia classica e del dramma shakespeariano ha il potere di incarnarsi in molteplici attori, nelle più diverse messe in scena. Come non esiste un solo Amleto, per Todd Phillips qualunque disquisizione sulla fedeltà alla vera anima del Joker in fondo è priva di senso.
Il Joker di Joaquin Phoenix prometteva così di raccontare un Joker mai visto prima. Oggi, possiamo dire che il film ha mantenuto la promessa, arrivando perfino a superare le nostre aspettative.
Quando un autore cerca di riscrivere il confine tra cinecomic e cinema d’autore, fatalmente sembra rivolgersi all’immaginario e l’universo di Batman. Hanno sfidato questo limite, apparentemente invalicabile, Tim Burton e Christopher Nolan, Jack Nicholson e il compianto Heath Ledger. Todd Phillips e Joaquin Phoenix scrivono oggi una nuova pagina di Storia del Cinema, firmando una perfetta tragedia contemporanea.
“All it takes is a bad day”.
Tradotto, “In fondo basta una brutta giornata”. Così recita il poster americano del nuovo Joker. E per Arthur Fleck (Joaquin Phoenix), in realtà sono in arrivo una lunga serie di pessime giornate. Ex paziente psichiatrico, il suo reinserimento in società è più duro del previsto. Sullo sfondo, una metropoli che porta il nome fittizio di Gotham, ma si mostra chiaramente come la New York violenta dei primissimi anni ‘80.
Arthur Fleck, detto Art, per tutta la sua vita ha sognato solo una carriera come comico nella stand-up comedy. In realtà è costretto a lavorare in una miserabile compagnia di clown, mentre condivide un appartamento sudicio con sua madre Penny (interpretata dalla gloriosa Frances Conroy di Six Feet Under e American Horror Story).
Se la donna l’ha cresciuto senza alcun aiuto, ora il dovere di Art è va accudirla in ogni singolo gesto. Per ragioni misteriose, Penny ha sempre chiamato suo figlio Happy. Davvero uno strano soprannome, per un uomo che non ha mai conosciuto la felicità in tutta la sua vita.
Il film di Todd Phillips e Joaquin Phoenix sceglie di descrivere l’arco temporale che conduce dall’uomo al Joker.
O meglio: il punto di rottura dove Arthur Fleck, autentico reietto, relegato da sempre ai margini della società, libera per sempre quel clown triste, che scopre la gioia di essere efferato.
Tra i disturbi psichiatrici di Art c’è una sindrome davvero anomala: la risata patologica. L’incredibile interpretazione di Joaquin Phoenix nella parte del Joker comincia proprio da quella risata incontrollabile, che esplode nei momenti più inopportuni. Una risata aliena, penetrante, che somiglia più al verso di un animale che alla voce di un essere umano, eppure conserva il riverbero del dolore più straziante.
Dopo la risata, il Joker di Joaquin Phoenix spezza il cuore con lo sguardo. Quello sguardo che fa di Joaquin Phoenix uno dei più grandi interpreti del cinema contemporaneo, da TheMasterdi Paul Thomas Anderson a Her di Spike Jonze. Gli occhi di Phoenix somigliano a un dispositivo pre-cinematografico, magari una lanterna magica della tradizione cinese: una scatola che sa riempirsi delle più diverse sfumature di luce. Soprattutto: accendersi col buio della disperazione più nera.
Dalla risata allo sguardo, il volto di Joaquin Phoenix si piega per trasfigurarsi in tutte le storiche smorfie del Joker. Ma è il corpo il dato più sconcertante della sua performance. Scarnificato, pelle e ossa, Arthur Fleck mentre diventa Joker asseconda la sua sfrenata passione per il ballo.
Dalle movenze grottesche di un clown di strada, Art prende confidenza, si abbandona alle figure del balletti classico, non ha più paura di ispirarsi a Fred Astaire. E sulle note di That’s life di Frank Sinatra la trasfigurazione in Joker è completa.
Non c’è solo Fred Astaire tra i punti di riferimento nell’immaginazione distorta di Arthur Fleck. Murray (Robert DeNiro) è il presentatore televisivo che segue da una vita, una figura che si fa sempre più insistente mentre l’uomo perde il contatto con la realtà, il sogno diventa allucinazione.
Più di Jack Nicholson e Heath Ledger, con i quali Joaquin Phoenix non sembra cercare affatto un confronto, il nuovo Joker potrebbe essere il fratello minore di Travis Bickle: il protagonista di Taxi Driver di Martin Scorsese. E in un film di paradossi, che sorprende ad ogni singola sequenza, non poteva che esserci Bob DeNiro in una parte di segno diametralmente opposto.
La regia di Todd Philips sceglie un registro costantemente al limite col surreale e il grottesco, intriso di humor noir, eppure questo resta il più realista dei Joker. Un film che può dirsi a pieno titolo una tragedia contemporanea, proprio in virtù della sua straordinaria sensibilità umana, dal forte sostrato di denuncia sociale.
Tra le righe della storia, non è difficile leggere un’accusa alla società contemporanea, all’America di oggi, dove un uomo può scivolare nei recessi più oscuri del delirio psicotico senza alcuna assistenza medica, appannaggio solo dei ceti più abbienti.
Dovremo parlare ancora a lungo del Joker di Todd Phillips e Joaquin Phoenix, forse infedele al fumetto, ma capace di riscrivere scenari e confini, cambiare le regole del gioco. Vincerà il Leone d’Oro alla 76esima Mostra del Cinema di Venezia? Le possibilità, sulla base degli applausi in sala, sembrano particolarmente concrete.
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