The Science of Fiction: un falso allunaggio e il cinema come realtà

Siman scopre una troupe straniera che inscena un allunaggio e forza il suo silenzio tagliandogli la lingua. Combatte il trauma con la fantasia, come fosse un astronauta nello spazio immerso in un film fatto di metacinema.

The Science of Fiction
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The Science of Fiction (Hiruk-pikuk si al-kisah) è una geniale invenzione di traboccante metacinema, capace di reinventare la pretesa di un falso allunaggio, dandole una nuova appartenenza indonesiana.

Il film di Yosep Anggi Noen, presentato in concorso Internazionale a Locarno 72, racconta la surreale storia di Siman (Gunawan Maryanto). Testimone casuale sul set di un falso allunaggio a cui non viene data alcuna possibilità di raccontare quanto ha visto. Il suo silenzio sarà forzato dal taglio della lingua, diventando vittima di un mutismo violento e di una vita in slow motion. Il trauma lo lascerà infatti sospeso in una dimensione lontana dalla realtà, dove si muove come un astronauta bloccato sulla luna. La verità sarà sempre più pesante da sostenere e per cercare di distanziarcisi il suo pensiero sarà rivolto alle stelle, come alla ricerca di un modo per ritornare a casa. Costruisce una casa composta da materiali di scarto, per darle una forma simile a quella di una capsula spaziale, tutto per sfuggire alla sua memoria.

La fervida immaginazione di Siman diviene una censura per il suo trauma.

the science of fiction

Questa follia viene raccontata attraverso il trauma vissuto, ripropostoci in continuazione e in ogni modo. È la prima parte del film a raccontare gli eventi che portano alla sua amputazione mostrandoci un inedito set con falsi astronauti. Una prima sequenza angosciante filmata in un bianco e nero molto scuro, quasi quanto i tradimenti e gli intrighi che vuole raccontarci. È però solo un’impressione, perché gli avvenimenti si rivelano essere sì i ricordi di Siman, ma forse leggermente romanzati. Finora non abbiamo visto altro che un vecchio film, ed è lo stesso Siman a guardarlo su di un piccolo schermo. Il suo passato diventa ricordo e cinema, di cui riprende visione, come nel più classico dei trucchi metacinematografici. Da qui in avanti il film prende le sue tonalità abbandonando il bianco e nero, per portarci in quello che è il reale mondo disegnato dal regista; ma in questo film distinguere la realtà dal sogno e dalla messa in scena, è tutt’altro che ovvio.

The Science of Fiction racconta la vita rallentata di Siman, ansioso di farsi costruire una tuta da astronauta e di spiccare il volo tra le stelle. I ricordi e il suo trauma non sembrano volersi mai allontanare, inondando il film di scene difficili da collocare in un tempo e in uno spazio. La realtà rappresentata viene infatti sconvolta da un costante e stupendo flusso di metacinema. Che sia la troupe dell’allunaggio in cui Siman si vede come attore, che si tratti del generale visto inizialmente nel film fare costantemente capolino nella sua vita (come se lo stesse tenendo d’occhio), o ancora nel vedere diverse troupe filmare qualcuno dei personaggi ricorrenti o montare in un auto delle go-pro. Non è chiaro quasi mai se si tratti della troupe dell’allunaggio, di altre immagini che stiamo vedendo venir filmate all’interno del film o dell’ipotetica troupe di The Science of Fiction.

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Questa fantastica confusione crea un vortice di momenti e sogni in cui Siman rimane l’unica costante a cui aggrapparsi. Come un astronauta su un nuovo pianeta lo vedremo scoprire il mondo intorno a sé, sempre al rallentatore. La vita corre più veloce di lui, e in un mondo dove le immagini che ci invadono sono sempre più rapide e la vita veloce, il suo momento è eterno. Un tema esplicitato dalla parte metacinematografica del film, con i tanti personaggi strettamente legati alle loro immagini.

Una critica alla possibilità, dataci dalle nuove tecnologie, di creare la propria realtà.

È un viaggio legato allo sviluppo tecnologico della cinepresa e al fascino del visivo, usato spesso per acquisire potere sull’uomo. Anche se i tempi cambiano la modernità non ha sempre una connotazione positiva, complice una tecnologia moderna non in grado di condurci verso una forma di umanità più dignitosa. Al contrario, porta solo a nuovi metodi di sfruttamento umano. Il passato si oppone a questo rapido e costante cambiamento, personificato nell’uomo in uniforme semi-militare che sempre si aggira per il villaggio. Come un leader della nazione, lotta per inserirsi nel mondo contemporaneo senza abbandonare la sua idea del passato. È lui il simbolo di una tradizione che fatica ad adattarsi ai tempi moderni. the science of fiction

Il cinema da sempre gioca con la prospettiva dell’uomo sulla realtà, la memoria e l’immaginazione. The Science of Fiction racconta questa storia legandola al nuovo rapporto con la tecnologia, che oggi ha espanso questa idea di realtà personale, rendendo ogni momento di ogni persona fruibile e condivisibile. Ma sarà mai possibile sostituire la realtà con queste immagini? Risponde Noen:

Forse, un giorno in futuro, vivremo la vita solo come un’infinita serie di immagini, mentre la realtà sarà stata collocata in un tempio chiamato cinema“.

 

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RECENSIONE
VOTO
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Vanni Moretti
Lo svizzero della redazione, con una passione per le grandi storie che siano del cinema o della letteratura. Nerd a 360°, divoratore di fumetti, serie TV e film di cui adora analizzare la composizione; sia della storia che delle sue immagini.
the-science-of-fiction-locarno-72-recensione  The Science of Fiction (Hiruk-pikuk si al-kisah) è una geniale invenzione di traboccante metacinema, capace di reinventare la pretesa di un falso allunaggio, dandole una nuova appartenenza indonesiana. Il film di Yosep Anggi Noen, presentato in concorso Internazionale a Locarno 72, racconta la surreale storia...