Nimic, la recensione dell’ansiogeno corto di Yorgos Lanthimos

Il nuovo corto di Yorgos Lanthimos è un surreale viaggio alla scoperta di delle paure irrazionali riguardanti la nostra essenza.

Nimic
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Nimic, il nuovo cortometraggio di Yorgos Lanthimos, intensificato dagli ormai indistinguibili tratti del regista, è stato presentato al 72° Festival del film di Locarno fuori concorso.

Un’orchestra accompagna a scatti il risveglio di Matt Dillon nell’amena dimora dove vive con la famiglia. La musica procede a fatica a scatti, mentre Dillon si prepara la colazione nel suo rituale quotidiano, perfettamente scandito da un preciso timer puntato per bollire perfettamente il suo uovo mattutino. Un quadretto formale di una famiglia borghese americana reso immediatamente alienante grazie alla continua e brusca interruzione della musica. Una musicalità singhiozzata adatta a rendere il carattere ansiogeno di cui trasuda il cortometraggio. Ma il mistero della composizione è presto svelato. Dillon interpreta un violoncellista professionista, la musica interrotta non è altro che un’anticipazione delle prove che sta svolgendo; ma questo non allevia la tensione di Nimic.

Il nostro artista ha un incontro sconvolgente sulla metropolitana di New York con una donna, interpretata dalla ottima ed inquietante Daphné Patakia. Basta un’innocua e semplice domanda a sconvolgere totalmente le nostre aspettative: “Do you have the time?“. Fa una pausa, sembra a disagio, ma lei ripete la domanda: “Do you have the time?“. Da qui il ritorno a casa di Dillon diviene un incubo ad occhi aperti, la donna come fosse stregata e con movenze e uno sguardo asettico, lo insegue imitandolo in tutto e per tutto. Il rientro a casa è un assurdo e grottesco spettacolo che mette in discussione il nostro essere individui. La moglie di Dillon (Susan Elle) così come i figli, non sono in grado di dire chi sia il padre tra i due rientrati a casa. Come se ci si trovasse davanti ad un riflesso della propria immagine che tenta di prendere il nostro posto, imitandoci in tutto e per tutto. La famiglia dovrà capire chi è il vero padre in una scena che traballa tra il black humor e l’assurdo. Senza rivelare il tutto è utile sapere fin da subito che il finale sfocerà in una narrazione circolare, utile per dare una lettura più approfondita al corto.

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In soli 12 minuti Lanthimos è in grado di stupirci e attirarci verso un ignoto difficile da decifrare.

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I fan di Lanthimos riconosceranno subito gli aspetti tecnici caratteristici del regista, composti da grandangoli, fish-eye e panoramiche a disegnare spazi vastissimi insieme a lunghe carrellate laterali. Tutte scelte registiche e fotografiche dalla grande funzionalità in una narrazione su una distopia sociale, dove le nostre paure più irrazionali vengono a galla. La sensazione è quella di entrare in una raffinata fantasia borghese – in senso positivo -, dove ci si concentra sul caratterizzare l’individuo mentre si interroga sul cosa significhi avere una personalità. Un thriller che brilla per intensità e si concentra sul tema della ripetizione e la temporalità. Non a caso la musica  e le sue interruzioni divengono parte centrale del corto fin dall’inizio. Anche la domanda scatenante riprende la tematica chiedendo se si “ha il tempo”. Il ritmo dato dalla ripetizione di situazioni, come fossero dei brevi momenti poetici, scandiscono il ritmo del corto: un uovo che bolle, la colazione in famiglia e lo spostamento in metropolitana divengono motivi capaci di tenere il tempo del film, come se fosse una canzone.

Il tutto punta ad una provocazione fortemente legata a quelle che sono le tematiche già proposte da Lanthimos, come ne Il sacrificio del cervo sacroCi provoca e stuzzica ribaltando le norme che regolano il nostro mondo e chiedendoci di abbandonarci a delle paranoie  tanto irrazionali, quanto spaventose da immaginare. È il titolo stesso a darci un’indizio in questo senso. È proprio Nimic in rumeno, a voler significare il nulla o niente. La sconvolgente entrata in scena della ragazza sulla metro mette a repentaglio l’esistenza del personaggio di Dillon, immettendo in noi, come nel protagonista, la paura di perdere la nostra riconoscibilità e il nostro posto nel mondo come individui. Una provocazione pungente immersa in un contesto magico e allo stesso tempo terrificante. Rimane così un interrogativo legato a questa assurda visione: come è possibile ritenerci distinguibili se potremmo essere sostituiti così facilmente? La nostra persona se identificata come un insieme di ruoli e azioni viene resa indistinguibile. Diveniamo il nulla, poiché sostituibili da una persona capace di fare lo stesso.

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È così che il nostro io diventa, il niente… diviene “Nimic”.

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 Il film rimane comunque un successo annunciato, fatto di ansia e un humor oscuro perfetti per raccontare uno spaccato di realtà con assurdità. Matt Dillon dopo La casa di Jack riesce a convincerci della sua totale poliedricità, veicolando perfettamente tutto il disagio e la stranezza del contesto. Persino Daphné Patakia, l’attrice ospite a Locarno, ha ammesso di essere guidata sul set nei minimi dettagli, come se si trattasse di una coreografia, ma senza capire a fondo le motivazioni di alcune scelte. Nonostante il contesto fosse così misterioso e particolare era esattamente come se l’era immaginato, soprattutto dopo che Lanthimos le consigliò di guardare Luz Silenciosa di Carlos Reygadas prima di recitare nel corto.

Dopo la visione di Nimic si potrebbe rimanere disorientati, alcuni potranno vedere poca profondità di temi, mentre altri perdersi nei vari ragionamenti ma sarà sicuramente impossibile rimanere indifferenti.

RECENSIONE
VOTO
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Vanni Moretti
Lo svizzero della redazione, con una passione per le grandi storie che siano del cinema o della letteratura. Nerd a 360°, divoratore di fumetti, serie TV e film di cui adora analizzare la composizione; sia della storia che delle sue immagini.
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