10 album alla scoperta dell’heavy metal

Scopriamo insieme gli album che hanno contraddistinto un genere

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5. Venom – Black Metal (1982)

I Venom, e il loro album Black Metal, sono oggi perlopiù semisconosciuti al grande pubblico, e noti solo a una nicchia di fedelissimi conoscitori del metal. Ed è proprio per questo che ne parliamo. In quanto esponenti della NWOBHM (New Wave of British Heavy Metal, circa 1977-1982), i Venom, assieme a Saxon, Diamond Head e a dei signori chiamati Iron Maiden, si dimostrano immensamente influenti, con produzioni come questa, per tutti i generi di metal di là da venire. In questo caso, precisiamolo, nonostante il titolo l’album ha poco a che fare con il black metal per come lo faranno conoscere gruppi come i Bathory o i Celtic Frost (o i Mayhem); ne pone però le basi, largamente in anticipo sui tempi, e fornendo nel contempo un ascolto assolutamente intrigante e, per l’epoca, innovativo.

Venom – Black Metal, 1982

4. Judas Priest – British Steel (1980)

Da molti considerato come l’atto di nascita vero e proprio dell’heavy metal, che fino a quel momento, con poche eccezioni (vedi: Black Sabbath), era stato più che altro una tendenza particolarmente violenta dell’hard rock. British Steel è il disco con il quale i Judas Priest emancipano definitivamente il metal dalle radici blues del rock anni ’60, per viaggiare verso territori liberi. Lo provano canzoni come Metal Gods, Grinder, Breaking the Law, Steeler e The Rage. Da qui, per i Judas Priest e per il metal come genere in toto, la storia non sarebbe più stata la stessa.

Judas Priest – British Steel, 1980

3. Metallica – Master of Puppets (1986)

Album assolutamente intoccabile, per i fan dei Metallica e per qualunque headbanger (o metalhead) che si possa definire tale. Capitolo centrale e definitivo di tutto il thrash metal anni ’80, elenca quelli che sono praticamente nove classici a sé stanti, tra i quali spiccano Battery, la title track, Welcome Home (Sanitarium) e certamente Orion, forse la canzone più ambiziosa mai scritta dai Metallica. Nell’album trova posto la stella nascosta (anche se non troppo) del bassista Cliff Burton, un mostro con il proprio strumento, che morirà durante il tour in promozione dell’album, il 27 settembre 1986.

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Metallica – Master of Puppets, 1986

2. Iron Maiden – The Number of the Beast (1982)

Gli Iron Maiden, assieme a Metallica e Black Sabbath, sono uno di quei nomi del metal che arrivano sovente anche al pubblico non-metal. In questo caso, in gran parte per via di un grande immaginario “epico” da sfruttare, che pesca nella storia, nell’occulto, nella religione, e conferisce a tutte le opere degli Iron Maiden quel che di “leggendario”. Così The Number of the Beast, partendo dall’ovvio riferimento all’Anticristo, si dipana attraverso differenti sentieri, parlando di argomenti slegati tra loro ma tutti accomunati da un approccio strumentale metodico, tecnico per eccellenza e tipicamente inglese. Il metal degli Iron Maiden è sì duro, sì aggressivo, ma in realtà molto accessibile rispetto ad altre produzioni contemporanee, e questo, assieme al fascino insito nell’accuratezza con la quale i Maiden tratteggiano ogni loro pezzo, farà del quintetto inglese uno dei complessi più famosi e amati della storia del metal.

Iron Maiden – The Number of the Beast, 1982

1. Black Sabbath – Paranoid (1970)

Ossia, più o meno dove è iniziato tutto. Molti momenti di questo disco, come l’intro di War Pigs, il riff di Iron Man, l’assolo di chitarra di Paranoid o quello di batteria di Rat Salad, non sono solo momenti memorabili nella storia del metal, ma anche dell’intera cultura del ‘900. Non stiamo esagerando, considerato che quella dei Black Sabbath è la prima arte musicale interamente dedita a questo genere, coinvolgendo tutto un’immaginario (ancora, religione, morte, dannazione) che però è ancora più pop e contemporaneo (la guerra, in War Pigs; i fumetti, in Iron Man; il neo-nazismo, in Fairies Wear Boots).

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Lo stile è ancora tranquillamente hard rock, non mostrando, in questo, grandi differenze rispetto al modo di suonare dei colleghi Deep Purple e Led Zeppelin. Ma i Black Sabbath hanno quattro ottime caratteristiche che li distinguono da tutti gli altri, e queste caratteristiche si chiamano Ozzy Osbourne, Tony Iommi, Geezer Butler e Bill Ward. Solo questa formazione, nel 1970, è stata in grado di realizzare un album tanto preciso, puro e simmetricamente oscuro come Paranoid. Un disco che dovrebbe essere oggetto di culto per ogni musicofilo, al di là del metal stesso. E che del metal costituisce, in ogni caso, il punto di principio, assieme al precedente esordio omonimo della band, Black Sabbath (1970). Poco da fare: da qui si parte, e qui si torna.

Black Sabbath – Paranoid, 1970

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