Shine a Light: tanti auguri Mr. Jagger

Ci piace festeggiare i 76 anni di Mick Jagger ricordando il film-documentario Shine a Light, splendido omaggio agli Stones fatto da un loro grandissimo fan: Martin Scorsese

Jagger
Mick Jagger e Martin Scorsese
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Una lunga attesa

Ad Ottobre, la piattaforma di streaming Netflix renderà finalmente disponibile l’ultimo film di Martin Scorsese, e forse molti di voi già lo sanno. Ma in quanti erano a conoscenza di una collaborazione avvenuta tra il regista statunitense e la straordinaria band di Mick Jagger?. Cogliamo l’occasione del compleanno del frontman più longevo di sempre per ricordare quello splendido documentario di 11 anni fa.

Dalla canzone..

Era il 1968. I Rolling Stones suonavano già da 6 anni e Jagger aveva in mano questa canzone che parlava di tossicodipendenza, con ovvi riferimenti al collega Brian Jones, all’epoca ancora in vita. Il brano, provvisoriamente intitolato Get a Line on You, fu inciso per la prima volta dal produttore Leon Russel con numerosi membri degli Stones al seguito, con l’idea di venir inserito nel disco omonimo del produttore, idea che venne in seguito scartata.

Infatti il brano vide la luce solamente 4 anni più tardi, quando venne
inserito nel capolavoro dei Rolling Stones Exile on Main Street.
La canzone subì un totale cambiò di Line Up. Il produttore Jimmy Miller suonò la batteria al posto dello storico Charlie Watts, mentre a sostituire il piano di Leon Russel intervenne il grande Billy Preston. Fu la sua influenza a conferire al brano quella vena squisitamente Gospel che rapì anche Mick Jagger, che chiaramente ricoprì la voce solista.

..al documentario

Appena un anno più tardi, uscì il terzo film di Scorsese. Potreste ritenerla una notizia inutile, ma l’assonanza tra il titolo di quel film e il disco degli Stones potrebbe non essere un caso. Mean Streets contiene inoltre un paio di loro brani scelti sapientemente per dare forma e ritmo ad intere sequenze, sintomo che già all’epoca il regista nutriva una profonda stima per la band britannica.

Can you hear me Knocking in Casinò, Gimme Shelter in The Departed (già utilizzata in Godfellas) e appunto Tell me in Mean Street sono solo alcune delle canzoni degli Stones utilizzate da Scorsese per enfatizzare i momenti salienti delle sue pellicole. Quale regista migliore quindi per immortalare un loro concerto dal vivo?

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Jagger
Mick Jagger, Robert Richardson e Martin Scorsese

Il concerto in questione

Facciamo un salto avanti di 30 anni. Siamo nel 2005 e gli Stones pubblicano il disco numero 22, quello che contiene l’ormai stranota Streets of Love. Alla pubblicazione di questo disco segue un tour che dura un paio d’anni che comprende anche la tappa al Beacon Theatre di New York. Sarà proprio questa la location delle riprese di Scorsese, coadiuvate da ben 8 direttori della fotografia, tra cui una donna (collega di Spike Lee) e 3 vincitori del premio di oscar di cui uno pluripremiato (tale Robert Richardson, quello in foto).

L’album dal vivo che costituisce la colonna sonora di questo imponente lavoro è diviso in due dischi. Nel primo spiccano cover di tutto rispetto quali Just my Imagination (The Temptation) interpretata dagli Stones, Loving Cup (da Exile on MS) interpretata da Jack White, e Champagne and Reefer interpretata da Buddy Guy dall’originale di Muddy Waters.
Il secondo disco è invece quasi fatto apposta per i più nostalgici, i quali vi troveranno i più grandi successi dei padrini della serata.

A sottolineare ancor di più i legami tra il regista e la band, la canzone scelta per aprire il concerto al Beacon Theatre è la stessa che apre la soundtrack di Mean Streets.

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“Al massimo un paio d’anni”

Le splendide canzoni, sono intervallate da immagini di repertorio contenenti interviste alla band fatte quando i membri avevano
appena vent’anni. Spicca tra le tante un’intervista a Jagger dell’62,
quando la band era neonata. Le parole del cantante lasciano di stucco:
Quanto pensate che durerà ancora il vostro successo?
Al massimo un paio d’anni“.

Il documentario è del 2008, e già all’epoca la frase suonò parecchio comica. Sentita adesso, dopo altri dieci anni, è ormai esilarante. Noi della scimmia, ci teniamo ad omaggiare il frontman più istrionico degli ultimi 50 anni sottolineando con questo aneddoto la profonda umiltà che lo contraddistingue.

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