Il primo album degli Alt-J, An Awesome Wave, ha cambiato tutto il panorama indie degli anni ’10.
L’anno è il 2012. Gli Alt-J, complesso inglese che potremmo definire “indie prog”, visto il loro approccio musicale, fanno il loro esordio prepotentemente con l’album An Awesome Wave. Un’onda sì “pazzesca”, ma anche silenziosa, complessa, intricata, colma di sfumature. Un po’ come, insomma, l’immagine ritratta in copertina, del delta del fiume Gange in Bangladesh. Il delta, poi simbolo della band, è anche una lettera greca che assume in matematica e fisica diversi significati: incertezza, variazione, cambiamento, indeterminatezza, ordine/disordine.
L’indie degli Alt-J è un po’ tutto questo. Un indie stratificato, sottile, che lavora moltissimo sulle atmosfere e sugli arrangiamenti, sulle texture di suoni, sulle armonizzazioni vocali, e sulla libertà nella metrica. La componente strumentale è sempre in primo piano, e non è per nulla incompetente, come provano i tre interludi: ❦ (The Ripe & Ruin), ❦ (Guitar) e ❦ (Piano). Ma la capacità dell'(allora) quartetto di creare un suono perfetto, caratteristico e contemporaneo, emerge già nell’Intro, per poi sfogarsi appieno in uno dei loro primi successi: Tessellate.
I loro suoni morbosi, indagatori, sussurrati, evocativi, guidano tutto l’album, passando per hit perfette costruite a metà strada tra computer music e folk rock, elettronica IDM e pop schizofrenico. È il caso di Breezeblocks, traccia che ogni fan dell’indie anni ’10 dovrebbe conoscere a memoria. Ma non ci ferma ai successi, e si va ben oltre con tracce meno conosciute come Something Good, Dissolve Me, Bloodflood. Dall’ascolto di queste canzoni, si sente da subito come gli Alt-J siano decisi a non essere solo un gruppo di passaggio, bensì siano arrivati per restare.
Nei loro testi parlano d’amore, di sesso, di vita e di morte. Temi universali che si intersecano con molteplici riferimenti alla cultura pop, per parlare a un uditorio che come loro è giovane e iper-informato. Basti pensare al titolo dell’album, citazione del cult American Psycho (2000). O a Matilda, canzone che fa preciso riferimento al film Léon di Luc Besson (1994), o meglio alla sua co-protagonista, interpretata da Natalie Portman. Altro riferimento, molto più oscuro, lo si ritrova in Fitzpleasure, certo la canzone più forte e più suggestiva del disco, nonché dai contenuti alquanto cruenti. In tutt’altra direzione invece va Ms, tra tutti il momento più criptico e profondo, che mostra tutta la capacità degli Alt-J di mantenersi su un limite puro di sperimentazione.
Tutto ciò gli Alt-J lo fanno senza snaturare la propria visione artistica, e in modo anzi di farsi capire da un grande pubblico che parla il loro stesso linguaggiosegreto. Forse è questo il vero traguardo raggiunto dagli Alt-J, già nel loro primo album: la lungimiranza nel cercare e rimestare in tutta quella parte nascosta, sotto la superficie, del non-detto e del non-espresso. Cose che loro stessi non dicono, ma solo suggeriscono. Chi ha orecchie allenate, però, sa cogliere bene gli indizi e i messaggi celati, imparando a decifrare la musica degli Alt-J, e presto ad amarla.