Tempi difficili per il rock and roll nell’URSS anni ’80.
Siamo a metà anni ’80, in URSS. La Guerra Fredda, dopo un periodo di distensione, pare nuovamente trovarsi, ogni giorno, sul punto di scoppiare. La cultura occidentale, spinta dall’eccezionalismo americano, sempre più accelerato con la presidenza Reagan, sembra una concreta minaccia per l’integrità politica e sociale, già in via di distruzione, dell’Unione Sovietica. I prodotti culturali occidentali, e specie il tanto temuto rock and roll e tutte le sue derivazioni, sono proibiti, per tema di una corruzione morale (e fisica) dei cittadini sovietici.
Alexei Yurchak, antropologo russo trapiantato in America, descrive il panorama dell’URSS di quegli anni nel suo libro Everything was Forever, Until it was No More: The Last Soviet Generation (2005). Nel libro l’autore riporta una lista, stilata dal Komsomol (la “divisione giovanile” del PCUS), e distribuita dagli ufficiali del partito nel gennaio 1985, dei “musicisti e artisti stranieri i cui repertori contengono composizioni ideologicamente nocive“. Fin qui tutto credibile, e alquanto serio, fino a che non si dà una scorta alla suddetta lista, che pubblichiamo qui tradotta in inglese (trovate l’elenco in russo più in basso):
Una lista da far tremare qualunque morale di regime.
A fianco ad ogni nome, il motivo che ne giustifica la censura. Certo, pensando ai Village People, subito ci vengono in mente motivi di violenza, così come non possiamo fare a meno di associare Julio Iglesias al neofascismo, del quale è un noto simbolo. E che dire della celeberrima propaganda anti-sovietica propugnata dai Van Halen? Certo, è innegabile l’immensa carica erotica di Tina Turner, il cui ascolto poteva forse indurre, secondo chi stilò questa lista, al sorgere spontaneo di orge in giro per le strade. Naturalmente stiamo scherzando ma, tolti alcuni nomi come i Pink Floyd, i Sex Pistols e i “Klesh“, non si può negare che questo elenco faccia certamente sorridere.
Il fatto che nomi del genere fossero considerati minacce, nella Russia del 1985, dà l’idea di quanto la percezione della cultura occidentale, in quel paese, fosse distorta. C’è anche il fatto, poi, che “vietato” è una parola grossa, dato che naturalmente i giovani russi trovavano comunque il modo di ascoltare questi artisti tanto indesiderati. E come? Utilizzando, pare, lastre a raggi X usate, prese dagli ospedali, tagliandole a cerchio ed effettuandoci sopra registrazioni pirata. Questi oggetti, chiamati “ribs” in inglese, “ryobra” in russo, circolavano già dagli anni ’60 ed erano sì di bassa qualità, ma costavano anche molto poco: solo un rublo.
Fonti: “www.uproxx.com”, “www.spin.com”
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