Stranger Things 3, la recensione degli eterni anni’80

Se quella di Stranger Things 3 fosse una forumula magica, allora dovremmo mettere nel calderone easter eggs, azione, morale e binge-watching a gogo.

stranger things 3
Condividi l'articolo

 

Parliamo di una delle più vociferate serie-tv degli ultimi anni. Ma è giusto parlare di “serialità”? Com’è noto, Netflix si affida sempre di più al modello del binge-watching e con Stranger Things 3 non pare nasconderlo neanche tanto bene. Tra l’altro, non c’è niente di cui vergognarsene!

Disponibile da ormai qualche giorno, l’ultima stagione dell’opera di Matt e Ross Duffer viene rilasciata integralmente. Otto episodi, uno tira l’altro, che ribadiscono il successo di un’efficace formula d’intrattenimento.

Come negli appuntamenti precedenti, Hawkings è minacciata da una forza oscura e un gruppo di ormai non più giovanissimi, si tuffa alla ricerca di soluzioni tra misteri e avventure.

Quello che rende la produzione un vero gioiello raro però, è il contorno citazionistico che fa continuamente l’occhiolino all’universo audiovisivo dell’epoca in cui le vicende di Undici e compagnia,  sono ambientate.

Leggi anche: Stranger Things: Evan Rachel Wood si scaglia contro Hopper

Non è un caso che i ragazzi vengano coinvolti, per caso, nella proiezione del leggendario film di Zemeckis, Ritorno al futuro, mentre cercano di scappare delle grinfie del nemico.

Allo stesso modo, i richiami ai film e alla narrativa anni 80, sono onnipresenti. In questa serie, vedrete o sentirete parlare di Guerre Stellari, Romero, Magnum P.I., La Cosa, Terminator, il Giorno degli Zombie e su tutti, La Storia Infinita (giusto per citarne alcuni).

LEGGI ANCHE:  Resident Evil, la serie prende ufficialmente il via: svelata la Trama [FOTO]

Gli appartenenti alla generazione che ha segnato la nascita di questi e altri importanti franchise, sguazzano in un ambiente familiare e forte di quel senso collettivo che accomuna gli appassionati dell’epoca. Tuttavia, nel pentolone di Stranger Things 3 è stato aggiunto molto altro.

Nonostante gli easter-eggs giochino un ruolo abbastanza importante, la storia mantiene una certa distanza dai richiami alla “categoria nerd”, infatti, non sono mai forzati o buttati lì giusto per farne menzione.

A confermare la regola, è il fatto che il prodotto risulti godibile anche da coloro non conoscono i riferimenti. Le sequenze mantengono un ritmo sempre alto, riuscendo a toccare un pathos che unisce tutte le linee tracciate dalle vicende dell’ultima e delle precedenti stagioni.

I dialoghi aprono a nuove strade e in generale, la credibilità narrativa è magistralmente rispettata dalla coerenza rispetto agli avvenimenti che hanno solcato il terreno della cittadina americana.

Non a caso, il finale scioglie la tensione, come giusto che sia, e lascia qualche indizio per aprire un potenziale scenario della quarte stagione.

Leggi anche: Stranger Things, Uma Thurman si congratula con la figlia Maya Hawke

A incidere ulteriormente, sull’efficacia della storia, è proprio il fatto che il prodotto sia stato sviluppato in modo compatto e conforme per una fruizione “quasi immediata”. Abbiamo 8 puntate, ciascuna della durata di 50 minuti, in cui non c’è quasi mai l’opportunità di affermare “questa scena è inutile”.

LEGGI ANCHE:  Netflix alza i prezzi degli abbonamenti

Assistendo alle peripezie dei ragazzi di Hawkings, non avrete l’opportunità di realizzare che le peripezie a cui state assistendo, facciano parte di un sistema seriale ma piuttosto di un lungo film che vi dà la possibilità di mettere pausa.

Se da un lato, HBO ha toccato l’apice del successo con l’hype, modello usato egregiamente per quel che riguarda lo sviluppo a puntate di Game of Thrones, dall’altro Netflix ci suggerisce che tutto e subito non è per forza un sinonimo negativo.

Per aggiunta, il frangente in cui Stranger Things 3 si edifica è favorevole anche per dire qualcosa di importante. Questa serie, sarà anche un omaggio a glorie del passato ma trova incredibilmente il modo di incastrarsi in argomenti più attuali che mai.

Il pretesto narrativo degli zombie, per esempio, indica la volontà a parlare del mostro metaforico dentro ognuno di noi, come individualità sociale. La ricerca spasmodica di Nancy e Jonathan, invece, ci parla del desiderio di emancipazione e di fiducia.

Insomma, un calderone composto da elementi semplici ma messi bene insieme, che piace proprio in virtù della sua genuinità. Un mix che intanto, ha portato nella saccoccia dell’azienda californiana, ben 40,7 milioni di spettatori. Un’indubbio successo.

 

Continua a seguirci su LaScimmiaPensa.com