In aperta polemica con il clickbait, il genio dell’indie rock mondiale ha un paio di questioni da chiarire
Su Jack White ne sono state dette di tutti i colori: che lui e Meg (Megan Martha White, batterista dei White Stripes) fossero fratelli, poi coniugi, poi fratellastri; o che i suoi tatuaggi avessero significati nascosti. E come dimenticare il fiume di insulti piovutogli addosso quando in Canada si aggiudicò il Guinness World Record per il concerto più breve della storia? Suonò una sola nota davanti a 500 persone, per poi scendere dal palco e venire ricoperto di improperi.
La risposta di Jack White è stata immediata e sorprendente.
Con un post sul suo account Instagram (poi pubblicato su Twitter con l’account della sua etichetta Third Man Records), White ha smentito il titolo clickbait di Spin (poi corretto dal magazine). Ne ha approfittato per scagliarsi contro “il resto dei siti ‘spazzatura’ che tossiscono ‘giornalismo’ musicale”, citando anche Pitchfork, Noisey e Stereogum.
Ma la vera sorpresa del post è la riflessione di White alla fine del post, che esprime la visione del ragazzone di Detroit sul ruolo dell’artista nella società contemporanea. Un dibattito infuocato che prosegue da decenni e viene puntualmente messo a tacere, o rimandato. Invece Jack White non può stare in silenzio.
Il dovere degli artisti di non dare per forza risposte scontate.
“Se amate la musica e le arti” conclude White, “penso che le vostre organizzazioni debbano fare la stessa cosa, o quantomeno fingere di essere interessati alla musica piuttosto che tentare di accontentare i vostri inserzionisti con i click“.