Thom Yorke racconta nuovamente l’ansia e le proprie paure nel suo nuovo LP
Dopo cinque anni da Tomorrow’s Modern Boxes, Thom Yorke rilascia il suo quarto disco da solista (includendo la colonna sonora realizzata per il Suspiria di Luca Guadagnino). ANIMA, di quella colonna sonora, riprende in parte le sonorità e l’essenza prettamente elettronica, e risulta essere esattamente come Yorke l’ha descritto. La realizzazione dell’album è nuovamente frutto del binomio Yorke/Godrich (Nigel, storico produttore dei Radiohead e amico della band), che li ha visti impegnati in un minuzioso lavoro di incisioni e campionamenti, i quali compongono il grande mosaico di suoni, anzi, “rumori“ – dice Yorke – che è ANIMA.
Le influenze delle recenti abitudini musicali del musicista si percepiscono appieno. Il primo brano, Traffic, riprende palesemente elementi caratteristici dello stile di Aphex Twin, adeguatamente integrati, è chiaro, con le esigenze narrative e sonore di Yorke.
«Avevamo il materiale per le mani da anni, e lavorarci è stato divertente. È stato veloce e semplice. Pensare “Non voglio scrivere canzoni, voglio fare rumore” è stato terapeutico, mi sono immerso nella vecchia musique concrète ed è stato fantastico».
La cosa che più colpisce di questo suo ultimo lavoro, però, è l’atmosfera distopica e ansiogena, scaturente dalla materia dei testi, molto soggettivi e riferibili alla vita del cantante. Si ritrova una brevitas poetica che riprende Kid A e Amnesiac, e racconti di paure ed ansieche riflettono le divagazioni sociali di OK Computer e, più in generale, tutti i primi lavori dei Radiohead.
Insomma, Thom Yorke sembra essere stato colpito da una certa nostalgia nei confronti di quel periodo che tanto ha odiato e che gli ha causato innumerevoli sofferenze. Periodo che però ha contribuito a renderlo la persona e l’artista che è oggi, capace di raccontare tutto ciò nel suo ANIMA, che si conferma un ottimo album, uniformemente “assemblato” seguendo precisi concept; in primis, quello dell’anti-musica.
Dall’album al cortometraggio Netflix diretto da Paul Thomas Anderson
Con ANIMA continua anche la collaborazione tra la band di Oxford e l’acclamato regista Paul Thomas Anderson (Il Filo Nascosto, Boogie Nights, Magnolia) con l’omonimo cortometraggio, che non fa da soggetto ma da oggetto, accompagnando e animando parte dell’ultimo lavoro di Yorke.
Il corto si apre con Not the News, riprodotta in un’affollata e soffocante metro, dalla quale Yorke, cerca di fuggire, disorientato e sconcertato, e ci riesce ma solo momentaneamente.
Con l’inizio di Traffic, la scena sfocia in un’ambientazione quasi monocromatica, orwelliana, in cui si rivela nella sua più evidente manifestazione l’essenza prima di ANIMA. Il nostro protagonista cade vittima dell’oppressione di una società completamente alienata e indifferente (che ricorda molto quella di OK Computer) rimanendo fisicamente intrappolato nel suo prepotente motovorticoso e inarrestabile.
L’incubo termina però con una dissolvenza sulla cullante Dawn Chorus (brano originariamente scritto per i Radiohead), che sembra confermarne la natura onirica (il sogno, se ricordate i manifesti promozionali di ANIMA, è un altro tema portante del progetto).
L’amore come evasione dall’oppressione della società
Qui il personaggio di Thom Yorke (che è un po’ la trasposizione di sé stesso, alla maniera foscoliana)trova finalmente la luce e la via di fuga dalla società (e dalla morte della moglie, cercando ancora un parallelismo tra finzione e realtà) nell’amore, congiungendosi con un nuovo personaggio, interpretato dall’attuale compagna del cantante, la palermitana Dajana Roncione.
I due “evadono” insieme, senza che nulla possa scalfirli o arrestarne il cammino, fino ad un treno identico a quello dell’incipit, se non per il fatto di trovarsi all’aperto, e si stringono nel loro amore. Allora, un raggio di sole si rivela sul viso di Yorke, lasciando trapelare la sempre più plausibile possibilità di vittoria sul mondo e sulla società.
Regia e musica in preciso connubio.
Paul Thomas Anderson, accompagnato dalla fotografia di Darius Khondji (Amour, Se7en, Midnight in Paris), che aveva già collaborato con il cantante dei Radiohead nel corto musicale Why Can’t We Get Along, firma un lavoro disturbante, distopico e opprimente, ma ancora più che concorde conl’ANIMA di Thom Yorke.
Le coreografie e i movimenti di macchina sono come in tutti i lavori del regista minuziosamente studiati, anche se è la prima volta che fa affidamento sulla danza, conferendo al girato molta più dinamicità e tensione rispetto al videoclip Daydreaming, dei Radiohead (2016). Unico neo, forse, la prestazione attoriale di Thom Yorke, dai movimenti sì coerentemente impacciati, ma dalla mimica facciale fin troppo evidentemente “artificiale”.
Nel complesso, una collaborazione più che riuscita tra due artisti che meritano il proprio status di geni, ognuno rispettivamente nel suo campo. Una collaborazione che, non essendo la prima, speriamo non sia nemmeno l’ultima.