Il malevolo universo Conjuring, ideato dal genio di Wan, è in continua espansione. Dalle suore alle leggende latine fino alle bambole, come nel caso di questa saga, arrivata al terzo capitolo dall’inevitabile titolo Annabelle 3. Una saga che, a questo punto possiamo dirlo, è andata in crescendo. Il primo capitolo fu abbastanza deludente e mediocre, a differenza del secondo che presentava discrete originalità. In questo terzo film, il feticcio demoniaco trova pieno compimento in tutto e per tutto, scatenando l’ira funesta della stanza degli artefatti della famiglia Warren, protagonista di un incipit introduttivo che darà un senso a quanto si andrà a vedere in seguito. Una fugace comparsa ma funzionale a farci comprendere sia il contenuto che lo stile di Gary Dauberman, sceneggiatore di The Nun e La Llorona nonché dell’ultimo e chiacchierassimo It, qui alla sua prima regia.
I coniugi Warren hanno appena recuperato la nostra Annabelle da una famiglia che voleva presto liberarsene. Il viaggio di ritorno sarà colmo di non poche sorprese, tra tutte, il vero potere di Annabelle: la capacità di chiamare a sé tutti gli spiriti maligni presenti. Ogni precauzione non è mai troppa e dopo un esorcismo, viene rinchiusa nella famigerata stanza degli artefatti. E dentro un’apposita e benedetta vetrina dalla quale non dovrà mai uscire. In questa introduzione ci viene dunque spiegato qual è il reale e pericoloso potere maligno di Annabelle che ovviamente si sprigionerà per tutto il film. Ciò che balza all’occhio è la modalità con cui il regista vuole giocare con il climax, fondamentale quando si parla di film horror. In Annabelle 3 tuttavia c’è un uso notevole del suo opposto, l’anticlimax.
Come l’incipit di cui sopra, il film si permea di sequenze dove la tensione viene caricata a più non posso ma senza scoppiare sempre nel jumpscare. Questa scelta accompagnerà le vicende della piccola Judy Warren insieme alla sua baby-sitter MaryEllen e alla sua amica Daniela, una giovane curiosa dell’attività della famiglia Warren. La sua curiosità però ha un motivo nascosto, un senso di colpa legato alla morte del padre. Ciò la porterà a compiere un gesto estremo e inconsapevole: liberare Annabelle dalla sua teca. E se andiamo a considerare quanto scoperto prima dai Warren, il disastro è servito. Ecco quindi che troveremo, in ordine sparso e a piede libero, la Llorona, Hellbound ed il Traghettatore. Insieme a tutti gli altri feticci presenti in casa Warren.
Dauberman si getta a capofitto nell’horror inserendo gran parte dei sottogeneri che lo caratterizza. Dal tipico film sulle possessioni, veniamo catapultati in un vero e proprio trap movie con l’aggiunta parziale dello slasher, nella sua accezione prettamente moralizzante. L’estetica di questi sottogeneri viene fatta confluire in un unico prodotto che sicuramente saprà soddisfare gli amanti dell’horror classico-commerciale. Fortunatamente il livello della saga si alza e gli spunti che Dauberman ci dà sono molteplici. Si potrebbe discutere soprattutto di come non vi siano forzature legate al voler spaventare a tutti i costi. Non sceglie dunque la via più facile ma va ad incastrarsi volontariamente in un terreno più ostico: quello del dramma personale, racchiuso principalmente nella figura di Daniela, che sfocia nel dramma collettivo.
Ovviamente non ci troviamo di fronte all’horror del secolo, tantomeno al capitolo più bello dell’universo Conjuring. Tuttavia Annabelle 3 rimane un prodotto discreto nella sua messa in scena e nonostante il finale che fa storcere uno’ troppo il naso e che forse potrebbe andare ad esaltare (invece di nascondere) alcune scelte narrative un po’ troppo pretestuose. Piano piano, Annabelle sta iniziando a conquistare un certo fascino nonostante l’apparente ed iniziale scontatezza della solita bambola demoniaca. Attendiamo dunque una prosecuzione, con la speranza che sia in grado di arrivare al punto finale di una saga storica per l’horror commerciale. Rimane però una lecita domanda riguardo la bambola: al netto del suo essere posseduta, quale folle genitore regalerebbe un giocattolo del genere al proprio figlio?