Natalie Portman e le traumatiche conseguenze di Leòn

In occasione del compleanno di Natalie Portman, ripercorriamo insieme il brutto periodo che l'attrice attraversò in occasione dell'uscita di Leòn

Leon, Natalie Portman
Natalie Portman in Leon
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Natalie Portman è, ad oggi, una delle attrici più di talento dell’industria cinematografica di Hollywood. Premio Oscar per la sua bellissima interpretazione ne Il Cigno Nero di Darren Aronofsky, l’attrice di origini israeliane ha alle sue spalle una lunga carriera in cui ha lavorato con importanti registi come Tim Burton, Wes Anderson, Mike Nichols e Terrence Malick. Tra i ruoli più iconografici ci sono l’Ivy di V per Vendetta e, naturalmente, la Mathilda di Leòn, il capolavoro firmato da Luc Besson.

Natalie Portman aveva solo undici anni quando, con il suo provino, riuscì a sbaragliare una concorrenza di circa duemila attrici ed accaparrarsi il ruolo al fianco dell’attore francese Jean Reno. La storia, che può essere considerata come una rivisitazione dell’archetipo narrativo della bella e la bestia, racconta del killer Leòn che, suo malgrado, si trova a doversi prendere cura di una ragazzina appena adolescente, a cui è stata uccisa l’intera famiglia.

Capolavoro di Luc Besson, Leòn ottenne una buona accoglienza da parte della critica specializzata e la stessa Natalie Portman, che a fine lavorazione aveva circa tredici anni, divenne oggetto d’attenzione da parte della stampa e del pubblico. Il film di Besson fu per Natalie Portman il ruolo di debutto nel grande mondo del cinema; tuttavia l’esperienza fu in qualche modo macchiata da alcune interpretazioni del ruolo di Mathilda. C’è da dire che, secondo le interviste rilasciate nel corso degli anni, all’inizio le intenzioni di Luc Besson erano quelle di creare una vera e propria tensione sessuale tra il killer e la bambina. Scelta che poi venne accantonata, probabilmente anche per via delle polemiche dei genitori della giovane attrice, che in più di un’occasione intervennero su alcune scelte del regista nella speranza di proteggere la figlia, come nel caso delle scene in cui si vede Mathilda fumare.

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Con il senno di poi, in effetti, fu un bene che questa scelta non venne portata sul grande schermo, dove rimase solamente l’eco di un amore platonico e purissimo di un mercenario determinato a prendersi cura di un’anima sola come la sua. Questo perché dopo l’uscita della pellicola, Natalie Portman si trovò di colpo gettata in un mondo in cui tutti sembravano avere il permesso di parlare del suo corpo e della sua sessualità, in un periodo – come quello della pubertà – già molto delicato per una ragazza.

Come ha raccontato la stessa attrice nel corso di un suo intervento alla Women’s March di Los Angeles del 2018, subito dopo l’uscita del film, molte recensioni si concentravano sul mio seno acerbo e gli uomini si arrogavano il diritto di discutere e mercificare il mio corpo. Questo mi ha fatto sentire estremamente a disagio.

Un sentimento che la piccola Natalie Portman ha cercato di combattere scegliendo con molta attenzione i ruoli da accettare, rifiutando quelli che contenevano anche solo scene di baci. Ho cercato di enfatizzare quanto fossi seria, ha raccontato, poi. Ho coltivato un modo più elegante di vestirmi e ho costruito una reputazione secondo la quale ero conservativa, strana, seria… tutto questo nel tentativo di far sì che il mio corpo fosse sempre al sicuro e che la mia voce venisse sempre ascoltata.

Ma l’esperienza negativa legata al lancio di Leòn, per Natalie Portman non si fermò solo ad una critica che sembrava più interessata a descrivere gli spigoli del suo corpo ancora legato all’infanzia; Natalie Portman raccontò che c’era persino un’emittente radiofonica che cominciò a fare il conto alla rovescia per il suo diciottesimo compleanno, quando in definitiva sarebbe stato legale andare a letto con lei.

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Ma la pagina più orribile del debutto cinematografico dell’attrice è stato quando, a tredici anni, ricevette la prima lettera da parte di un fan. La Portman ha raccontato la gioia e l’emozione con cui aprì quella missiva, l’incredulità nel rendersi conto che qualcuno scriveva a lei perché aveva preso parte ad un film. Tuttavia la gioia di quella giovane attrice e il suo entusiasmo per il riconoscimento del suo lavoro evaporò all’istante quando, leggendo la lettera e le parole che vi erano incise sopra, si rese conto di star leggendo la fantasia squallida di un uomo che, sulla carta, aveva messo in scena il suo sogno di stupro ai danni dell’adolescente.

Perciò ho capito subito,  ha spiegato Natalie Portman, anche se avevo solo tredici anni che se avessi scelto di esprimere me stessa anche sessualmente avrei finito con il sentirmi in pericolo.

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