High Life | Recensione di un Capolavoro

Abbiamo avuto l'occasione di visionare High Life, film di Claire Denis del 2018. Lo reputiamo un capolavoro, ecco le nostre ragioni

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Willow e Monte
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La nenia che Robert Pattinson canta alla piccola figlia ci culla e ci accompagna in un viaggio spaziale che fa dell’uomo il suo punto centrale. Il corpo immerso nello spazio infinito, l’assenza di tempo, di vecchiaia, di scopo. Dove ci porterà questo viaggio, Willow? Nessuno lo sa, neppure la scienza. Iniziare una odissea perché non si ha scelta, si è in trappola. È questa la base concettuale da cui parte High Life, film del 2018 diretto da Claire Denis. I cosmonauti protagonisti non viaggiano per amore della scoperta, o per esigenze sociali, o almeno, fanno ciò solo perché costretti (lasciamo a voi scoprire il motivo, poiché il film vive di un montaggio alternato che pian piano ricostruisce il quadro “storico” della trama). Non ci sono eroi in High Life ma solo persone normali con passati controversi, da questa melma umana emerge un antieroe, che di eroico pone in essere solo una singola azione: crescere con amore e speranza una figlia nata su una astronave, che conoscerà solo l’infinito vuoto tra le stelle, le ingovernabili forze di un buco nero. E proprio comprendere queste forze è lo scopo della missione:ovvero riuscire a estrarre energia da un buco nero tramite il processo Penrose, per permettere all’umanità di accedere a risorse di energia infinite.

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l’uso dei colori e delle luci è uno dei punti di forza del film

 

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l’uso dei colori e delle luci è uno dei punti di forza del film
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l’uso dei colori e delle luci è uno dei punti di forza del film

Ma la ricerca scientifica non si ferma solo all’esplorazione dei buchi neri. Secondo campo di indagine è la possibilità di far nascere bambini sani durante viaggi spaziali al 99% della velocità della luce, facendoli sopravvivere alle diffuse radiazioni universali. Tra rapporti complessi e tormentati tra i cosmonauti, tra le difficoltà tecniche di mantenere in vita un feto in condizioni così singolari, accade il miracolo: Willow. Sei un essere speciale e mi piace le dirà Monte (Robert Pattinson). Willow è unicità più che rarità. Un essere che invece di partire dal “particolare” per giungere al “generale”, fa un percorso inverso, quasi mistico. Non è un caso che il neonato sia una bambina, non è un caso che secondo campo di ricerca sia la generazione di nuovi esseri.

Claire Denis riesce a veicolare un messaggio femminista e profondamente umano attraverso un genere che ci ha abituato ad esplorare i temi più controversi legati alla vita. L’essere umano trova la sua ragion d’essere nella riproduzione (e nel sesso, il cui accostamento alla fantascienza ebbe risultati felici già con Ma gli androidi sognano pecore elettriche?), fulgido esempio di come la vita riesca a resistere anche nelle più aspre avversità, si fa spazio a calci e pugni, emerge e trionfa anche nello spazio siderale. E allora le donne sono motivazione, mezzo e fine dell’esistenza umana, mentre l’uomo è guardiano di questo grandioso miracolo.

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la semplicità delle scenografie

Una volta compreso questo, come spesso accade in molti capolavori fantascientifici, i protagonisti si scrollano la paura di dosso e avanzano verso un ulteriore stato di coscienza. L’ignoto non fa più paura, poiché i miracoli hanno dimostrato di essere possibili anche nell’oscurità più fitta. Il passo verso il buco nero è un nuovo avvenire, è un nuovo miracolo. In High Life sono palesi gli omaggi ai capolavori del genere. Ritroviamo Odissea e Solaris, riascoltiamo riflessioni già presentate in Stalker (anche nella composizione dell’immagine ritroviamo l’influenza di Andrej Tarkovskij, come ammesso dagli stessi autori) e Arrival, solo per citarne alcuni. Ma nonostante High Life omaggi con riverenza molti dei capolavori del passato riesce a mantenere una propria identità, tutta da ritrovarsi in una base concettuale profondamente diversa dagli altri film citati, la cui originalità non impedisce al racconto di approdare a conclusioni simili a quelle trovate dai cult del genere attraverso il proprio processo dialogico e riflessivo.

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Interpretazioni e reparto tecnico

L’interpretazione attoriale è intensa. Robert Pattinson e Juliette Binoche pongono in essere due grandi prove, supportate da quelle secondarie degli altri attori, che riescono a mantenere un pathos altissimo grazie alla verace rappresentazione dei limiti umani donando il genuino isterismo che ogni “prison movie” necessita, e di cui ve ne accorgerete in un paio di scene chiave. La riproduzione dei buchi neri è tra le migliori di sempre,  realistiche quanto il  magnifico Gargantua di Interstellar, grazie soprattutto all’eccellente resa della forma sferica del corpo celeste, caratteristica spesso messa in secondo piano dal mondo cinematografico. Impressionante e curiosa  la somiglianza del secondo buco nero con M87 (il film è precedente), vale a dire quello “fotografato” recentemente dalle nostre agenzie spaziali. La lunga gestazione dell’opera (ben dieci anni) è stata dovuta, infatti, anche al profondo studio che regista e attori hanno affrontato per rendere il film più verosimile possibile.

La troupe ha beneficiato del supporto del Centro Astronauti dell’Agenzia spaziale europea (ESA) potendo in questo modo accedere ai programmi di allenamento e alle preziose consulenze di due dei più illustri nomi dei viaggi nello spazio: Laura André-Boyet e Jean-François Clervoy. Per la ricostruzione del Buco Nero (e degli altri aspetti scientifici), Claire Denis si è affidata all’astrofisico Aurélien Barrau e quando la famosa foto di M87 fece la sua prima apparizione, la regista gli telefonò  immediatamente confidando tutto il suo stupore e avanzando il dubbio che fosse tutto frutto di una mera coincidenza, sicché Berrau le rispose: “Non è una coincidenza, perché hai studiato, abbiamo studiato”.

L’accuratezza non fa altro che accrescere la stima nei confronti dell’opera e ne esalta le licenze artistiche. Difatti, è importante chiarire che nonostante la massiccia mole di studio, High Life non pretende di essere un trattato di astrofisica e, come naturale che sia, adotta alcune soluzioni prettamente al servizio dell’Arte sacrificando in questo modo parte dell’esattezza scientifica.

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Buco nero 1 e 2
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Buco nero 2, molto simile a M87

Minimaliste le scene in astronave e in spazio aperto. Le tute e le stanze sono asettiche e molto verosimili così come l’intero design del film (ad opera dell’artista danese Olafur Eliasson), che acquista armonia visiva anche attraverso la pulizia dell’immagine della camera ad alta definizione. In proposito, la fotografia del film risulta decisamente riuscita grazie ad una commistione di tecniche. L’utilizzo sia della pellicola che del digitale pongono in essere un contrasto visivo armonioso. Le scene sulla Terra beneficiano della granulosità del 16 mm risultando un piacevole bilanciamento all’artificiale limpidezza del digitale.

Protagonisti indiscussi di questo approccio sono senz’altro i colori, che in High Life ricoprono un ruolo fondamentale. Il succedersi di saturazione e desaturazione trova il proprio compimento nell’alternanza di pellicola e digitale innalzando la palette di colori come uno dei punti di forza del film. Proprio per esaltare il colore, gli ultimi minuti  sono stati girati in 35 mm, in questo modo si è ottenuta un’immagine più organica e meno artificiale donando alla scena finale una vitalità calda e più poetica.

L’utilizzo di più tecniche lo ritroviamo anche nei cambi di aspect ratio. Il film è stato girato principalmente in 1.66:1 allo scopo di esaltare l’effetto claustrofobico; mentre per i minuti conclusivi si passa ad un più ampio 1.85:1 con lenti anamorfiche, soluzione che si rivela perfettamente in linea con le scene mostrate, che acquistano in questo modo una ampiezza evocativa a simbolo di una agognata liberazione. Nel mezzo, ritroviamo un rapporto di 1.33:1. Queste poche scene sono state girate con una vecchia videocamera utilizzata per i test e che la regista apprezzò moltissimo. Impossibilitata, però, ad usare la macchina per l’intera durata del film decise comunque di tenere alcuni girati. Il risultato sono delle particolari scene che aggiungono un riuscito effetto verità.

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1.66:1
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1.85:1
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1.33:1

Ritornando all’accuratezza scientifica, il buio costante dello spazio infinito e il panorama stellato visti da una velocità vicina a quella della luce appaiono scientificamente precisi, come affermato dallo stesso Aurélien Barrau in un’ intervista.

“L’aspetto del cielo. Quando si è sottoposti ad una velocità elevata, la posizione apparente dei diversi oggetti cambia, così come i loro colori. Ciò è dovuto alla relatività ristretta e lo si vede in una scena del film. In realtà, le cose si svolgerebbero più lentamente e qui sono nettamente accelerate. Ma il fatto che tutte le stelle del cielo, comprese quelle che si trovano dietro la nave, si vedano dopo un certo tempo «in avanti» è reale. Inoltre, la luminosità di queste stelle sarebbe sempre più intensa, per effetto Doppler. Quando la nave va quasi alla velocità della luce, tutto il cielo è «concentrato» in un punto quasi infinitamente brillante e in avanti, il resto del cielo è nero. Come appare essenzialmente nel film.”

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lo spazio visto alla velocità della luce

Ipnotica la scena in cui vediamo il procedere della nave tra le stelle, ove sembriamo arretrare pur andando avanti e di cui Monte non riesce a sopportarne la vista per la sua singolarità che fa cadere le granitiche certezze della nostra mente (certezze fisiche e filosofiche).

Non aggiungiamo altro, lasciamo a voi (non appena il film uscirà nelle nostre sale) “snocciolare” le altre chiavi di lettura che il film propone, fatevi guidare dall’opera verso una profonda riflessione, che probabilmente per molti lascerà il tempo che trova, ma che per altri potrebbe risultare una piacevole e proficua attività.

In conclusione, High Life è un inchinarsi dell’uomo dinanzi al cosmo e, allo stesso tempo, è l’inchinarsi del cosmo dinanzi alla vita.

N.B. Chi scrive non ha mai usato la parola “capolavoro” a sproposito. Poi, sta a voi decidere se fidarvi o meno, care scimmiette.

AGGIORNAMENTO: il film sarà nelle sale italiane dal 6 agosto 2020.

Scheda Tecnica

Lingua originaleinglese
Paese di produzioneFrancia, Germania, Regno Unito, Polonia, Stati Uniti d’America
Anno2018
Durata110 min
Rapporto1.33:1, 1.66:1, 1: 85:1
Genereavventura, drammatico, fantascienza
RegiaClaire Denis
FotografiaYorick Le Saux

Cast

Robert PattinsonMonte
Juliette Binochedott.ssa Dibs
André BenjaminTcherny
Mia GothBoyse
Agata BuzekNansen
Lars EidingerChandra
Jessie RossWillow

 

High Life: Trama

Un cosmonauta solitario cresce su una nave spaziale una bambina appena nata. Mentre quest’ultima cresce e impara in questo singolare contesto, il film ci mostra il destino dell’equipaggio e la storia della spedizione.

High Life: Trailer

 

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