«La D è muta, bifolco». Il regista Quentin Tarantino più volte aveva sottolineato il suo amore per lo “spaghetti-western”. Un amore così grande che lo porta, nel 2012, a realizzare: Django Unchained.
Django Unchained – 7 curiosità sul film di Tarantino
Django Unchained, il primo western di Quentin Tarantino, è un insieme di spettacolarità e scene mozza fiato. Tra cast e incidenti, ecco alcune curiosità legate al settimo film del regista di Knoxville
A metà tra il Django del 1966 e Mandingo del 1975, con il suo settimo film, il regista di Knoxwille è riuscito non solo a sbancare i botteghini, incassando più di 492 milioni di dollari, ma, anche a bissare l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale, dopo quello del 1995 ottenuto grazie a Pulp Fiction.
Un cast di tutto rispetto: Jamie Foxx (Django Freeman), Leonardo DiCaprio (Calvin Candie), Samuel L. Jackson (Stephen) e Christoph Waltz, per citarne alcuni.
In particolare quest’ultimo grazie alla sua interpretazione, di 1 ora, 6 minuti e 17 secondi, nei panni del dott. King Schultz, è riuscito a vincere la seconda statuetta come miglior attore non protagonista (la prima con Bastardi Senza Gloria, sempre di Tarantino).
Nel Sud degli Stati Uniti, due anni prima della guerra civile, un cacciatore di taglie di origine tedesca, il dott. Schultz, si imbatte in uno schiavo di nome Django. Schultz lo assolda per rintracciate i fratelli Brittle, due fuorilegge con una taglia pendente sulla loro testa, in cambio promette allo schiavo di donargli la libertà.
Una volta compiuta l’operazione, davanti al fuoco Django racconta la sua storia a Schultz e spiega che, una volta libero, la sua intenzione è di andare alla ricerca dell’amata moglie Broomhilda (Kerry Washington). La storia, che ricorda la leggenda tedesca di Sigfrido, convince Schultz ad aiutare Django in questa impresa.
Tra addestramento all’uso delle armi, riscossione di taglie e esplosioni, i due scoprono che Broomhilda è stata acquistata ad un famigerato schiavista: Calvin Clandie. E non sarà facile liberarla.
Sembrerebbe un atipico duo quello formato dal tedesco Shultz e lo schiavo di colore Django, eppure, secondo quanto riferisce il critico Alex Ross, molti rivoluzionari tedeschi, verso la fine del 1800, lasciarono il vecchio continente per partecipare a movimenti anti-schiavitù in America.
Colpi di scena, trama mozzafiato e personaggi eccentrici. In questo lavoro c’è tutto il genio di Quentin Tarantino, che, come ha affermato, ha perfino dovuto diminuire le lotte fra mandingo e scene con i cani perché altrimenti il film sarebbe stato troppo cruento.
In ogni caso, tagli o no, il risultato finale è sensazionale. Quindi, non rimane che andare a caccia della nostra Broomhilda e di alcune curiosità legate a Django Unchained.
Il Cast prima di tutto
Per la parte di Django sono stati fatti tanti nomi prima di arrivare a Jamie Foxx. Idris Elba, Chris Tucker, per citarne alcuni, e, soprattutto, Will Smith. Infatti, Quentin Tarantino scrisse il ruolo pensando a Smith.
Tuttavia, l’attore rifiutò, nonostante l’insistenza del suo agente e dello stesso Tarantino. La motivazione fu: «Django era brillante, ma non per me. Non era un leader e non era il vero protagonista della storia».
La sceneggiatura non conquistò nemmeno Christoph Waltz che inizialmente rifiutò la parte. Per sua fortuna, Tarantino non accettò quel no e insistette finché l’attore si convinse, ma ad una condizione: che il suo personaggio dovesse rimanere puro.
Tarantino acconsentì e lo fece sapere a Waltz con una lettera scritta di suo pungo in cui disse semplicemente: «Of Course, Main Herr! – Q.» (Certo Mio Signore).
Sorte diversa spettò a Cuba Gooding Jr. che cercò in tutti i modi di esser inserito nel film, senza però riuscirci. L’attore ammise che quella fu la sua più grande delusione… e parliamo di un premio Oscar (premiato nel 1997 come miglior attore non protagonista per Jerry Maguire)!
Cavalli e West
In un film ambientato nell’America dei cowboy, insieme a whiskey e pistole, non possono mancare i cavalli. Per Jamie Foxx non fu un problema girare al galoppo di un cavallo, per la precisione il “suo” cavallo. Durante tutto il tempo delle riprese, infatti, l’attore cavalcò il suo destriero di nome Cheetah, un regalo che si fece quattro anni prima.
Non andò così bene a Christoph Waltz che, provando alcune scene, cadde da cavallo rompendosi l’anca. «Girare a cavallo non fu una grande sfida, cadere, invece, si» disse scherzando dopo aver ritirato il Golden Globe. L’infortunio costrinse Tarantino a cambiare i piani originari utilizzando, soprattutto nelle prime scene, l’espediente della carrozza, al posto dei cavalli, per permettere a Waltz di girare.
Un martedì come tanti
Più volte Quentin Tarantino è stato criticato dalla comunità afroamericana per l’eccessivo utilizzo della parola con la “N”. Anche il regista Spike Lee lo imbeccò per l’uso smodato di quella parola in Django (così come in The Hateful Eight), insieme ad un modo di descrivere la schiavitù, a suo giudizio, irrispettoso.
In effetti la parola con la “N” venne usata molto spesso, così come svariati insulti a sfondo razziale. Una cosa che creò non poche difficolta a Leonardo DiCaprio nel girare le sue scene. In aiuto venne non solo Tarantino, dicendoli che se non fosse stato perfido e credibile il pubblico non glielo avrebbe mai perdonato, ma anche il collega Samuel L. Jackson. Difatti, l’attore lo spronò a dovere: «Figlio di P…., avanti! Questo per noi è un martedì come tanti».