Qui vi avevamo già raccontato I 5 migliori Film Mindfuck poco conosciuti. Ora è tempo di passare ai 10 grandi classici: i capolavori di riferimento che definiscono il senso stesso di film mindfuck.
Ma che significa esattamente mindfuck movie? È un film che anzitutto demolisce il concetto di consequenzialità lineare, privando lo spettatore delle classiche coordinate legate allo spazio e al tempo, ma anche dei più familiari meccanismi di causa-effetto, set-up e pay-off. E se una percezione tanto alterata della materia filmica comporta un senso persistente di confusione e smarrimento, rinunciare all’ordine e la razionalità ha i suoi vantaggi. L’essenza del film mindfuck, infatti, è vivere il cinema come un’esperienza fisica totalizzante.
Eccovi i 10 migliori esempi di una cinematografia da vivere come un’allucinazione, un sogno lucido, che sa regalare emozioni violente.
1. Mulholland Drive di David Lynch
Dall’esordio con Eraserhead – La mente che cancella nel 1977 l’intera filmografia di David Lynch è forse l’esempio più fulgido di cinema mindfuck. Eppure, è probabile che Lynch non si accontenterebbe di questa sola definizione. Devoto al cinema ma anche alla meditazione trascendentale, David Lynch non è un regista che mira semplicemente a sedurre, possedere e confondere la mente dello spettatore. Piuttosto, moltiplica i piani della percezione, per un’esperienza che si insinua fino alla dimensione dell’inconscio. Inutile cercare significato e senso. L’intuizione, l’istinto è la sola, unica guida per attraversare un cinema che è la più carnale delle esperienze oniriche.
Mulholland drive è forse il punto più alto nella filmografia di David Lynch, dove la classica struttura Noir è la chiave per un’autentica dimensione parallela, sospesa tra realtà e allucinazione, sogno e incubo.
Non a caso, Mulholland drive è la strada di Los Angeles che conduce dalle dorate colline di Hollywood alla riva dell’Oceano: metafora di un viaggio nei recessi più oscuri della passione umana, tra gelosia e desiderio, spettacolo, verità e menzogna, incarnati dall’incontro di Naomi Watts e Laura Harring.
2. Il pasto nudo (Naked lunch) di David Cronenberg
Se David Lynch è il regista che ha riscritto le regole del Noir e del Thriller nell’ottica di un’esperienza cinematografica totalmente mindfuck, David Cronenberg ha scelto Horror e Sci-Fi come generi d’elezione per le sperimentazioni più estreme. Film come Il demone sotto la pelle, La mosca e Inseparabili sono l’atto di fondazione di nuovo genere, il Body Horror : un cinema che sceglie la mutazione, la mutilazione e la fusione di uomo e macchina per raccontare orrore e angosce dell’età contemporanea.
Nel 1991 David Cronenberg sceglie così di affrontare la più ardita delle sfide: adattare per il grande schermo Il pasto nudo di William Burroghs. Ovvero: uno degli esempi più radicali di scrittura automatica tra i romanzi della Beat Generation, intesa come evoluzione diretta dello stream of consciousness di James Joyce.
Per altro, le surreali avventure illustrate da Il pasto nudo sono ispirate alla reale esperienza di William Burroghs: giovane morfinomane, fuggito a a Tangeri dopo l’omicidio accidentale della moglie. Materia ideale per il cinema di David Cronenberg, che decide di tradurre in immagini la storia dello sterminatore di scarafaggi, ingaggiato come spia da un’organizzazione aliena.
La Clark Nova, macchina da scrivere mutaforme, diventa così l’allegoria della creazione artistica: un incubo allucinatorio, che domina mente, corpo e azioni dell’autore.
3. Madre! (Mother!) di Darren Aronofsky
L’ispirazione e la creazione artistica sono al centro anche diMother!di Darren Aronofsky: tra i migliori film mindfuck mai realizzati.
Jennifer Lawrence e Javier Bardem interpretano una moglie devota e uno scrittore in crisi. La donna ricostruisce amorevolmente la loro casa, distrutta da un incendio, mentre l’uomo sembra più interessato ai suoi fan. Senza consultare la moglie, il protagonista decide così di accogliere in casa due ospiti inattesi: un uomo in fin di vita (Ed Harris), ossessionato dalla sua opera poetica, e la sua invadente sposa (Michelle Pfeiffer).
In modo quasi impercettibile, Aronofsky conduce il film fuori dai binari, dalla rappresentazione naturalistica alla più delirante allucinazione allegorica. La storia di una crisi coniugale, tra l’indifferenza dell’uomo e il disperato desiderio di maternità della donna, diventano così la metafora della creazione e del successo: un obiettivo che per lo scrittore vale il sacrificio dell’amore, e perfino della stessa vita umana, che può essere serenamente offerta in pasto a un’orda di estranei.