Butterfly: Irma è una giovane ragazza di Torre Annunziata, uno dei paesi più violenti e difficili del napoletano.
A soli 18 anni diventa campionessa italiana di boxe e arriva a rappresentare la nazionale azzurra alle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016. La passione per questa particolare attività sportiva nasce in lei grazie alla sorella e la danza. Avvicinatasi inizialmente al mondo della danza per seguire le orme della sorella maggiore, Irma scopre poi la boxe. Ne rimane totalmente affascinata, finendo sotto la guida di Lucio Zurlo, lo storico allenatore torrese che affezionatosi decide di prendere la giovane Irma sotto la sua ala protettrice. Sotto la guida di Zurlo Irma raggiunge grandi traguardi per una giovane atleta. Prima pugile italiana a rappresentare la nazionale di boxe ad una competizione olimpica, nonché atleta più giovane a partecipare all’edizione di Rio de Janeiro. Questo è solo l’incipt di Butterfly, il docufilm prodotto da Indyca film in collaborazione con RAI e distribuito da Istituto LUCE Cinecittà.
L’idea del progetto nasce dalla collaborazione dei due registi e sceneggiatori Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman. Durante la proiezione di presentazione ad accompagnare lo spettacolo il regista Kauffman e la giovane protagonista Irma Testa. Lo stesso Kauffman spiega come Cassigoli gli abbia proposto di girare inizialmente un documentario sulla giovane pugile torrese. I due, totalmente affascinati dalla storia, si mettono in contatto con Irma, scoprendo la sua personalità estremamente carismatica e potremmo dire cinematografica. Sia in sala che sullo schermo la giovane Irma ha un fascino e un indole magnetica, del tutto a proprio agio davanti la telecamera.
La storia di Irma si presta bene alla narrazione filmica, volendo fare un paragone si potrebbe pensare immediatamente a A million dollar baby di Clint Eastwood. Una giovane donna che riesce a farsi strada in un sport duro e violento, ottenendo soddisfazioni ma anche amarezze. Perchè Irma viene sconfitta durante le Olimpiadi di Rio, da quella che riuscirà alla fine a vincere l’oro: la francese Estelle Mossely. Grande è lo sconforto e la delusione, tanto che Irma decide di prendere una pausa dal pugilato, fino quasi a pensare di abbandonare totalmente la promettente carriera sportiva.
Durante la seconda metà del film il racconto sembra assumere una connotazione diversa.
Vengono abbandonati apparentemente I registri documentaristici, a favore di una progressione più fictionistica. Butterfly allora si più introspettivo, mostra la crisi depressiva di una giovane atleta che, dopo aver conosciuto la fama, si ritrova abbandonata e ignorati dai media. Nella sua semplicità, la sua voglia di voler raccontare puramente una storia, Butterfly finisce per operare una riflessione più complessa e su più livelli interpretativi. Cassigoli e Kauffman con Butterfly propongono una spaccato di vita, la storia di Irma si fa metafora sulla tenacia e la determinazione che permettono di fuggire da una realtà desolata per inseguire e realizzare le proprie ambizioni.
Sotto quest’ottica assume un valore intenso il rapporto paterno con Zurlo, che come maestro guida Irma nell’incertezza della sua giovane età. Un ruolo mai marginale e incredibilmente forte, quello di Zurlo nel documentario e nella vita delle persone che ha toccato. Butterfly è anche uno struggente e intimo sguardo sull’ascesa e la caduta, facendosi come detto racconto introspettivo. Ancora, Butterfly è una satira sul sistema dei mass media, che riversano attenzioni morbose sui personaggi alla ribalta, per poi abbandonarli a loro stessi una volta passata la fama. Butterfly è tutto questo. Un docu-flm maturo e sapiente, che nasconde dietro la sua semplicità una piccola perla del cinema italiano. Capace di far ridere e commuovere, Butterfly emoziona.
Il merito tuttavia non è da ascrivere unicamente alla storia della giovane protagonista.
Certo la storia di Irma e il suo rapporto con il maestro, e unica figura paterna della sua vita, Lucio Zurlo sembra confezionata ad hoc per il cinema. La pressione avvertita durante I ritiri di allenamento, l’amarezza per i sacrifici e le rinunce fatte per avere una vita ”normale”, lo sconforto per la lontananza di casa e delle persone care. Tutto questo porta la giovane pugile a mettere in discussione le sue scelte e se stessa, fino a scoprire una fragilità nel suo percorso interiore. Irma crolla, crollano le sue certezze. Ma, tornata a casa, dal confronto con la sua realtà e I personaggi che animano la sua vita riscopre sè stessa e la sua strada.
Il merito della riuscita del film va anche ai due registi, che hanno saputo adattare una storia già molto intensa, per lo schermo. Butterfly rinuncia agli stilemi e i canoni classici del documentario tradizionale per prendere un taglio più ”cinematografico”. Per stessa ammissione dei registi, alcuni fatti vengono ricreati per poterli riprendere, alcune scene e dialoghi sono riscritti. Persino nell’estetica Cassigoli e Kauffman si lasciano andare a riprese artificiali, dietro le quali si nasconde un certo simbolismo. Il risultato è un ibrido ben riuscito tra documentario e film fiction, un prodotto che si presta bene ad entrambe le chiavi di lettura. I due registi riescono a riprendere una storia di vita vera e fare di Butterfly una piccola perla nel panorama cinematografico italiano.
Ma la storia non si conclude qui, perchè come abbiamo avuto modo di scoprire, Irma è tornata ad allenarsi nella nazionale. Vincendo competizioni a livello nazionale ed europeo, si prepara per la nuova sfida delle Olimpiadi a Tokyo del 2020. Quindi non mettiamo un punto a questa storia, o a questa recensione, ma aspettiamo e speriamo per il coronamento del sogno di Irma.