L’indie italiano che è ancora capace di sorprendere.
Esiste un solo termine per descrivere l’ultimo album de La Governante, ed il termine è: hipster. Il gradimento dell’album da parte di un ascoltatore può dipendere interamente dall’accezione con cui usa questo termine: se è negativa, forse meglio non iniziare neanche; se è positiva o neutra, allora Italian Beauty vale sicuramente più di un ascolto.
Fino più o meno alla quarta o quinta traccia, l’impressione che si ha è che La Governante siano semplicemente dei Thegiornalisti che ci hanno creduto fino in fondo. Le cose cambiano decisamente con la settima traccia, Gran Rico, che è anche la migliore del disco: da quel momento il livello si impenna notevolmente.
Certo, i temi di base sono i soliti di tutto l’indie italiano: amori spezzati, ricordi confusi, nostalgia distratta. Si aggiungano riferimenti più o meno sparsi a Cesare Pavese, ai Sigur Rós, al ’68 francese, e così via. Quello che funziona veramente, piuttosto, è la musica: un synthpop inizialmente scolastico, che pian piano però si arricchisce di varie influenze sorprendentemente valide nelle parti di chitarra, negli arrangiamenti e nei suoni di contorno.
In particolare le tracce Gran Rico, Come Questo Synth (un’ottima idea di partenza ma davvero troppo corta e poco sviluppata, peccato), Alberi Infiniti, The Dreamers e In un Palmo di Mano rivelano un complesso dalla grande abilità compositiva, e non a corto di idee.
In conclusione: forse Italian Beauty non sarà il disco che alzerà l’asticella qualitativa dell’indie italiano, né l’album rivoluzionario che tutti aspettano. Ma detto questo, La Governante provano ampiamente con queste canzoni che l’indie non è necessariamente sinonimo di stereotipi e ripetitività, e come genere può ancora riservare sorprese.