Per chi lamenta, in questi tempi, l’assenza di complessi rock validi in Italia, ci sono loro: gli Ananda Mida. Il loro ultimo album, Cathodnatius, è uscito a gennaio ’19, e potrebbe facilmente rendere felici tutti i nostalgici del rock and roll più classico, complesso, profondo e ricercato.
Un miscuglio omogeneo di rock psichedelico, hard rock e progressive rock, con punte di heavy metal. Il perfetto stile del rock and roll anni ’70 che mette sempre le chitarre al primo posto, guidate da riff ispirati, assolo competenti ed effettistica dove serve. Diversi i nomi che vengono in mente: Captain Beyond, Free, Argent, Deep Purple, Pink Floyd.
E come da più fiera tradizione anni ’70, una intera “facciata” dell’album è occupata dalla classica suite, un’epica di 22 minuti che oscilla tra Led Zeppelin e Black Sabbath. In essa, intitolata Doom and the Medicine Man, si raccoglie il meglio dell’album e dello stile della band. Certo, anche le quattro canzoni “introduttive” fanno la loro parte, specie la seconda, Blank Stare.
Certo, non esattamente una formula innovativa, ma che qui funziona comunque benissimo: gli Ananda Mida dimostrano di non avere niente da invidiare ad altri gruppi internazionali dell’attuale ondata di hard rock revival, come Rival Sons e Greta Van Fleet. E noi, lo diciamo anche a rischio di backlash, preferiamo ascoltare Cathodnatius, un buon rock nostrano, che i Greta Van Fleet.