Asura: The City of Madness recensione del thriller poliziesco coreano

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Asura: The City of Madness, film del 2016, del regista Kim Sung-su, è l’ennesimo ottimo thriller poliziesco che conferma la naturale inclinazione dei registi Coreani in questo genere di film. Il regista ci catapulta nel marcio di una città fittizia dominata dalla corruzione. Nel cast Jung Woo-sung, una delle principali star Coreane, presente quest’anno come ospite speciale all’edizione del Florence Korea Film Fest. Han Do-kyung (Jung Woo-sung) è un detective e ha una moglie malata terminale in ospedale. Dopo essersi sporcato le mani, viene ricattato dal procuratore Kim, che vuole incastrare il sindaco corrotto Park Sun-bae per conto dei suoi avversari politici. In una girandola di peccato si consuma un thriller violento e forsennato che ricorda per larghi tratti lo scenario di Sin City, ma meno peccaminoso. Non sfilano sesso e perversioni come nel film di Robert Rodriguez, ma si scatena una tempesta di violenza dall’inizio alla fine, in ogni menzognera scena di Asura: The City of Madness.

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Jung Woo-sung è Han Do-kyung, un detective corrotto incline alla violenza

Asura: The City of Madness è un film con poco background, il topos della città corrotta è ben noto e lo spettatore si abitua in fretta alla regole del gioco. Non c’è giustizia e non c’è freno ai crimini: nessuno interviene. La panoramica della città è tuttavia molto realistica: un massivo agglomerato urbano moderno perfettamente normale. Ad inizio film si apprende che la città si trova in uno stato di totale degrado e che l’esercito statunitense se n’è appena andato. Questa è l’unica traccia di riferimento reale del film, con una non velata critica all’influenza americana in Corea. Da qui in poi il film impiega poco per alzare il ritmo e già dalle prime scene si assaggia il sangue dei personaggi. Asura: The City of Madness vi terrà col fiato sospeso, con la sua tendenza a totali e continui capovolgimenti di fronte, tutto quello che si pensa di aver appreso e poi previsto con la scena appena vista, viene smentito dall’evoluzione della scena successiva. L’unica certezza è che anche chi credevamo potesse possedere una morale ed un etica, progressivamente si macchia dei peggiori crimini e si sporca le mani. Questo degrado dell’etica e della morale è incarnato perfettamente dal protagonista che per evitare il male maggiore è costretto di volta in volta a fare scelte e azioni sempre più atroci.
Kim Sung-su gira benissimo in tutte le scene d’azione, che sono tante, e concede al pubblico una sana dose di colpi e di sangue. Buone anche le prove del cast. In Asura: The City of Madness funziona davvero tutto e lo spettatore termina la visione molto appagato. Il finale è anche più spietato e cancella ogni briciola di speranza per la giustizia e lieto fine, confermando l’ottimo livello di intrattenimento di questo brillante blockbuster Coreano.

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RECENSIONE
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Lapo Maranghi
Medico con la passione per il cinema. Nato a Firenze, vanta un bagaglio culturale vintage-pop costruito grazie a varie attività parallele, portate avanti boicottando e autosabotando i propri studi, come la lettura compulsiva di fumetti e libri, la passione per concerti e festival, la pallanuoto e ovviamente l'amore per il cinema. Scrive per la Scimmia perché nessuno è più figo della Scimmia.
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