Se due indizi fanno una prova (o erano tre?), possiamo inserire definitivamente Jordan Peele tra i registi che meritano di essere seguiti con somma attenzione. Quella piccola perla di Scappa-Get Out, che conquistò una statuetta d’orata molto importante, aveva fatto drizzare le orecchie di moltissimi appassionati di film di genere, ancor prima della cerimonia in quel del Kodak Theater. Vien da sé che al secondo giro, l’attenzione verso Peele è quantomeno raddoppiata e la pressione sarà stata sicuramente tanta. Passare da un esordio alle stelle ed un secondo film da stalle, è un passo molto breve. Dubbi e paure che a quanto pare non toccano il bravissimo Jordan Peele che con Noi sforna l’ennesima perla di genere che, sebbene un finale non all’altezza, rassicura tutti gli appassionati dei film di genere.
Muovendosi attraverso una moltitudine di citazioni, stilistiche e contenutistiche, Noi racconta una storia che lavora moltissimo attraverso le immagini, imprimendo (ormai possiamo dirlo) una marca autoriale ben precisa e netta. Inquadrature che fanno già capire la mano dietro la regia. Cosa non facile in un cinema contemporaneo fatto di veloce consumo. Due ore che scorrono veloci come un vento molto particolare, ora tramontana, ora scirocco. Tutto inizia nel 1986, anno in cui una bambina, figlia di una madre apprensiva e di un padre ancora troppo immaturo, si perde in una giostra nella spiaggia di Santa Cruz. Ed è proprio lì dentro, dove campeggia tutt’oggi il cartello “conosci te stesso“, che lei vede qualcosa che non dovrebbe vedere. Dopo aver vagato nella sala degli specchi, ecco che incontra la sua immagine. Nulla di strano se non fosse che il suo riflesso continui a darle le spalle.
Si arriva velocemente ai giorni nostri e la bambina di cui sopra cresce nelle fattezze della sublime premio Oscar Lupita Nyong’o. Oggi madre apprensiva, sposata con un bambinone, Winston Duke (Black Panther), e con due figli. Un maschio, con il deficit dell’attenzione, ed una femmina, un’atleta dal futuro apparentemente dorato. E ovviamente, il passato ritorna un po’ per volta. Prima con una casa vacanze vicino la temibile spiaggia di Santa Cruz. Il rimosso che ritorna insieme ad un mix di paranoie che culmineranno con l’arrivo di una serie di doppelgänger dalle cattive intenzioni. La stessa ridente famigliola si troverà fuori la porta della loro casa, armati di forbici e vestiti con tute rosse, non dissimili da quelle dei carcerati. Cosa vogliono? Ma sopratutto, chi sono? La risposta della prima domanda è abbastanza intuitiva. La seconda no, e non la sveleremo.
Avvalorandosi di un cast a dir poco perfetto, tra cui la Peggy Olsen di Mad Men (ElizabethMoss), Peele sforna un film in cui dà libero sfogo alle sue riflessioni socio-psicologiche, raccontando una storia che perfettamente si coniuga al suo meraviglioso stile registico. Verso il finale, possiamo assistere ad un primissimo piano grandangolare che tanto ricorda la sequenza dell’ultimo Suspiria. Più precisamente, la conversazione tra Madame Blanch e Susie. Per non parlare dei momenti legati alla danza. O ancora, il chiaro richiamo a Funny Games, altra perla che a suo modo ha influenzato il film, quantomeno la prima parte.
Ma questo horror non si ferma qui. Il semplice genere viene perennemente contaminato da influenze esterne sia legate al citazionismo che legate ad altri generi. C’è la commedia, il grottesco, il thriller. Tutto nelle canoniche due ore, insieme ad una storia pregna di sottotesti di chiara matrice lacaniana. La teoria dello specchio, il rimosso che ritorna e tutto quel mancato processo formativo che ha colpito la povera Lupita in tenera età. E che oggi le si ripresenta come un mostro, dalle sue stesse fattezze ma dalla voce più cupa e dai movimenti più scattanti. E in parallelo, ecco svilupparsi anche un messaggio di stampo politico che non sveleremo per evitare fastidiosi spoiler.
L’altissima regia di Peele, insieme alla sua notevole abilità di scrittura, riescono a coniugare perfettamente questa tanta carne al fuoco, nonostante un secondo finale decisamente inutile ai fini della trama. Peele si sta imponendo nel cinema di genere e non possiamo che esserne contenti.