American Football – Recensione American Football LP 3

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I “good fellas” dell’emo non sono più fellas, e forse neanche più emo.

Abbiamo commesso un errore, sostenendo che gli American Football volessero urlare al mondo la resurrezione del loro tranquillo e composto indie rock. Lo rispolverano, ci soffiano sopra per far volare via la polvere, si armano di nuove idee. E un po’ ci dispiace, anche se questo nuovo album degli American Football riserva ben altre sorprese.

Annunciato a dicembre 2018, preceduto dai singoli Silhouettes e Uncomfortably Numb, il disco, uscito per Polivynil Records il 22 marzo 2019 si chiama (ovviamente) American Football LP3, ad aggiungere un’ulteriore pietra sopra le precedenti due, la prima “miliare” per definizione, la seconda… Non proprio. L’ultimo album, American Football LP2 aveva lasciato molti, fan e non, con la brutta sensazione che ormai i quattro ragazzini fossero invecchiati, e non poco.

Ma attenzione: perdersi nella nostalgia di quando ascoltavamo Never Meant nei pomeriggi di aprile pensando alla ragazzina che non ci degnava di uno sguardo è un rischio più grande di quanto non possa sembrare per chi decide di ascoltare gli otto brani che compongono questo nuovo, potenziale gioiello.

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Gli American Football sono invecchiati? No. Sono cresciuti? Decisamente.

Gli americani direbbero (e hanno già detto) “overgrown”, ossia “troppo cresciuti”. Cantare di storie d’amore finite molto male e spleen a vent’anni è ben diverso che farlo a quaranta. Dove sta il teenage angst quando ormai sei un padre di famiglia? Nell’armadio, insieme allo skateboard e alla maglietta dei Cap’n Jazz. Il primo evidente segnale di crescita sono i testi del disco, in cui Mike Kinsella riesce a scrollarsi di dosso l’etichetta di eterno adolescente con metafore delicate e un linguaggio per immagini; lasciata da parte l’irruenza malinconica, a tratti non trova le parole (“I’m looking for the words” ammette alla fine in Life Support, ultimo brano del disco) e proprio per questo deve rifugiarsi nelle associazioni di concetti.

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In LP1 Kinsella parlava allo specchio, da solo, in un angolo, in LP3 riflette, senza proferire parola, da solo, in un angolo. Stesso posto, stesse situazioni, due prospettive differenti. Perchè gli argomenti delle liriche sono sempre gli stessi: come avrebbero potuto essere diversi? Gli American Football sono cresciuti, non si sono certo trasformati in qualcun altro. E se ora possono far storcere il naso, probabilmente quando avremo quarant’anni e ci incazzeremo perché ci è finita la benzina e non possiamo accompagnare nostro figlio a scuola, saranno il nostro punto di riferimento come lo sono stati quando avevamo sedici anni e cercavamo di dimostrare quanto non fossimo sfigati. Loro sono cresciuti, ma anche noi non saremo adolescenti per sempre.

Quattro padri di famiglia come ce ne sono a milioni, capaci però di raccontare la loro età come hanno saputo raccontarla anni prima.

La musica degli American Football è cucita attorno alle loro parole; in questi otto pezzi, riesce ad essere efficace nel trasmettere il messaggio, anche attraverso le voci decise ed eteree di Elizabeth Powell dei Land of Talk (in Every Wave to Ever Rise) e Hayley Williams dei Paramore e il tappeto psichedelico di Rachel Goswell degli Slowdive (in I Can’t Feel You). Tre ospiti estranee, ognuna in maniera diversa, alla concezione musicale degli American Football. nessuno dei due si è adattato all’altro: si sono venuti incontro.

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Le strumentali imparano finalmente a mescolare l’arpeggio brillante delle chitarre e i riff distorti, i ritmi serrati e diritti alle lunghe e pensierose dilatazioni, senza disdegnare il ritorno alla storica tromba in pezzi come Doom In Full Bloom. Se è difficile contestare la quasi totale egemonia dei giri squillanti di Fender e dei tempi dispari nel primo disco, non si può dire lo stesso del secondo, nel quale al sound del gruppo le contaminazioni sembravano dare fastidio. Forse è vero che tre è il numero perfetto, perché le infinite influenze, dal pop alla psichedelia, del nuovo disco sono armonizzate così bene che quasi si fa fatica a sentire il midwest emo risuonare attraverso gli amplificatori.

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Ma è davvero così importante risentire l’emo nei cinquanta minuti dei nuovi American Football?

L’album è concepito, suonato e prodotto bene, con la necessaria maturità. A rischiare di rimanere delusi, però, sono tutti coloro che hanno ascoltato anche il primo disco.

Togliamoci la nostalgia di dosso (strano dover scindere American Football e nostalgia). Gli American Football sono riusciti, anche questa volta, a disegnare un quadro della loro età, in qualche modo angosciante e desolante quasi quanto l’adolescenza. Un quadro sfocato, come piace a loro (e a noi). Se ancora qualcuno non dovesse essere convinto, tenga quest’album in soffitta e lo tiri fuori il giorno in cui dovrà andare a pagare la penultima rata del mutuo della casa. E tutto questo avrà improvvisamente senso. Non possiamo assicurare che non scenda ben più di una lacrima.

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Genere: Midwest emo
Anno di pubblicazione: 2019
https://open.spotify.com/album/3s6RFnktpvFsGcm7TDocEf?si=5ClXk3wkRcKxZ_-eLZazaw