Le nostre cattive abitudini raccontate dai Massimo Volume.
La perfezione. Vi è mai capitato di chiedervi cosa sia la perfezione e se se ne possa dare una metafora calzante? Ecco, il live dei Massimo Volume nello splendido Auditorium San Domenico di Foligno ci si avvicina molto, se proprio non la raffigura. Una band che si conosce da trent’anni, che sa come muoversi, come staccare, perfino come improvvisare, all’unisono e con una pulizia sonora esaltata dalla location Umbra, una ex chiesa divenuta punto di riferimento culturale della città. E le parole di Emidio Clementi risuonano sotto gli ampi soffitti come preghiere laiche, di grida stentoree da lanciare a Dio.
“Leo è questo che siamo?” rimbomba ancora dopo l’ultima canzone, la magnifica Fuoco Fatuo, e per una volta non ci si sente volgari e imperfetti intrusi, ma parte del quadrodipinto sapientemente dalla batteria di Vittoria e dalle chitarre di Egle e Sara (che per questo tour è diventata componente integrante della band).
Perché sì, è esattamente questo quello che siamo. Siamo noi, con la nostra varia umanità, i protagonisti delle storie dei Massimo Volume. Noi con i nostri demoni e le nostre cattive abitudini. Siamo schiavi del gioco come zio Alberto (cui Mimì dedica La ditta di acqua minerale) e amanti incapaci di aprire la stanza segreta in fondo al nostro cuore come Silvia Camagni.
Nuotatori spossati dal tempo che scorre, destinati a tornare in una casa diroccata.
Mimì ci guida in questo sentiero di esperienze umane, di imperfezioni che ci rendono unici e per questo degni di essere raccontati, immersi profondamente in quest’epoca come lo siamo in ogni nota di questo live. Perché, in fondo, il concerto dei Massimo Volume ci racconta qualcosa sulla vita. Sulla nostra vita. Ed è esattamente per quel qualcosa che ci alziamo al mattino; per questa voglia di tentare, anche se sappiamo che potremmo fallire. In fondo, siamo solo (magnifici, indecifrabili) incidenti che aspettano di accadere.