I Red Hot Chili Peppers continuano ad essere un punto di riferimento.
I Red Hot Chili Peppers sono nastri consumati, live devastanti, sogni erotici e proibiti, dischi imparati in ogni singolo dettaglio. Per intere generazioni hanno rappresentato la band per eccellenza, con il loro stile sempre estremamente Sex&Drugs&RockandRoll e la loro energia, ma anche per le loro delicate e sognanti ballad, diventate repertorio stabile di tutti i chitarristi da spiaggia. Così, mentre loro si preparano al grande appuntamento delle Piramidi e stanno per pubblicare il prossimo disco, ripercorriamo insieme la loro storia. Una carriera enorme, riletta attraverso quelli che per La Scimmia sono i loro pezzi migliori.
10. Hollywood (Africa), Freaky Styley (1985)
Gli esordi dei Red Hot Chili Peppers sembrano preannunciarci quasi un’altra storia. Un funk asciutto e manieristico pare puntare ad esprimere ben altre vene che quella hard rock. Brani come questo, estratto da Freaky Styley, evocano pattern e atmosfere quasi jazzistici. Hollywood era un’altra strada, che ci permette oggi di rileggere il sound dei Red Hot come una possibilità realizzata tra le tante che ribollivano in potenza nelle dita dei peperoncini. La rivisitazione del brano dei Meters è infatti rispettoso, senza esuberi o esagerazioni.
Il lavoro sicuramente meno apprezzato dai fan, ma non per questo tutto da buttare. Monarchy of Roses è la sua ouverture. Molto carina l’introduzione, timido ingresso in scena di Klinghoffer, che comunque si presenta bene al suo nuovo pubblico. Il nuovo chitarrista gioca un’ottima partita con un Chad Smith dal piede piuttosto rapido, e fa sempre piacere sentirlo divertirsi. Il chorus è piuttosto poppettaro e stona con il resto della composizione, ma ci introduce a quello che sarà un orientamento del sound della band portato pienamente a compimento solo con The Getaway.